21-05-2018
La trasformazione digitale dei processi di service management è al centro delle iniziative dell’ASAP Service Management Forum dell’Università di Brescia di quest’anno. Infatti, nei giorni scorsi un’intera giornata è stata dedicata agli “Smart Connected Products”, con una sessione mattutina dedicata ai membri della community - che ha visto la partecipazione di trentacinque manager aziendali – e il convegno plenare “Verso l’impresa smart – pronti ad affrontare la sfida?” svoltosi nel pomeriggio con oltre cento presenze in sala.
Durante l’incontro riservato ai membri della community, Nicola Saccani, professore dell’Università di Brescia e coordinatore di ASAP, ha parlato di come le tecnologie digitali, fra cui l’IoT e i big data possano abilitare la trasformazione digitale che vede il focus strategico spostarsi dal prodotto al servizio. Un’azienda che vuole attuare una strategia di servitizzazione grazie alle digital technologies, deve però fare i conti con una serie di ostacoli tra cui le resistenze al cambiamenti e le barriere culturali, la mancanza di committment da parte dei manager, il gap di competenze (nuove) e fondamentali non solo sulle tecnologie digitali ma anche sulla gestione e l’utilizzo del dato. Di come i prodotti smart e connessi stiano trasformando la competizione tra le aziende, ne ha parlato anche Razvan Pitic, ricercatore dell’IOT Lab del Politecnico di Milano. «Fruire dei vantaggi di un approccio Smart Connected Product, richiede lo sviluppo di una strategia, di un percorso evolutivo. Ma attendi ad alcuni errori comuni, da evitare per il successo di questa implementazione, tra cui, ad esempio, la decisione di partire dalla tecnologia piuttosto che dalle esigenze da soddisfare».
Anche Andrea Gombac, Direttore Generale di Ricoh Italia, ritiene che l’informazione generata dai dati trasmessi dai propri prodotti, sia di importanza strategica fondamentale sia per i clienti che per l’azienda. «È importante lavorare sul processo di gestione, elaborazione e analisi del dato per poter avere un sistema guidato dal dato (data driven) efficace che permetta di raggiungere un livello di servizio eccellente». Per aiutare quindi i manager a capire quali sono le attività, gli strumenti e i ruoli che ancora mancano all’interno della loro azienda per poter gestire l’intero ciclo di vita del dato e per produrre informazioni che generino valore per l’azienda stessa, la ricercatrice di ASAP, Daniela Bonetti, ha presentato il piano di lavoro del focus group “IOT & big data for service”, che si svolgerà nei prossimi mesi con le aziende della community ASAP che hanno deciso di partecipare a questo tavolo di lavoro.
L’incontro è continuato con una discussione aperta tra tutti i partecipanti, in cui alcuni manager hanno riportato l’esperienza della propria azienda in termini di interconnessione dei prodotti e utilizzo dei dati da essi generati.
Durante l’incontro riservato ai membri della community, Nicola Saccani, professore dell’Università di Brescia e coordinatore di ASAP, ha parlato di come le tecnologie digitali, fra cui l’IoT e i big data possano abilitare la trasformazione digitale che vede il focus strategico spostarsi dal prodotto al servizio. Un’azienda che vuole attuare una strategia di servitizzazione grazie alle digital technologies, deve però fare i conti con una serie di ostacoli tra cui le resistenze al cambiamenti e le barriere culturali, la mancanza di committment da parte dei manager, il gap di competenze (nuove) e fondamentali non solo sulle tecnologie digitali ma anche sulla gestione e l’utilizzo del dato. Di come i prodotti smart e connessi stiano trasformando la competizione tra le aziende, ne ha parlato anche Razvan Pitic, ricercatore dell’IOT Lab del Politecnico di Milano. «Fruire dei vantaggi di un approccio Smart Connected Product, richiede lo sviluppo di una strategia, di un percorso evolutivo. Ma attendi ad alcuni errori comuni, da evitare per il successo di questa implementazione, tra cui, ad esempio, la decisione di partire dalla tecnologia piuttosto che dalle esigenze da soddisfare».
Anche Andrea Gombac, Direttore Generale di Ricoh Italia, ritiene che l’informazione generata dai dati trasmessi dai propri prodotti, sia di importanza strategica fondamentale sia per i clienti che per l’azienda. «È importante lavorare sul processo di gestione, elaborazione e analisi del dato per poter avere un sistema guidato dal dato (data driven) efficace che permetta di raggiungere un livello di servizio eccellente». Per aiutare quindi i manager a capire quali sono le attività, gli strumenti e i ruoli che ancora mancano all’interno della loro azienda per poter gestire l’intero ciclo di vita del dato e per produrre informazioni che generino valore per l’azienda stessa, la ricercatrice di ASAP, Daniela Bonetti, ha presentato il piano di lavoro del focus group “IOT & big data for service”, che si svolgerà nei prossimi mesi con le aziende della community ASAP che hanno deciso di partecipare a questo tavolo di lavoro.
L’incontro è continuato con una discussione aperta tra tutti i partecipanti, in cui alcuni manager hanno riportato l’esperienza della propria azienda in termini di interconnessione dei prodotti e utilizzo dei dati da essi generati.
Creare nuovi modelli di business La discussione si è protratta nel pomeriggio presso l’auditorium del collegio Luigi Lucchini, con testimonianze dirette da parte di aziende che hanno avviato un percorso di digital servitization traendo numerosi vantaggi in termini di processi e supply chain.
L’evento si è aperto con l’intervento di Marco Perona, professore ordinario e direttore del Laboratorio RISE, che ha sottolineato come per innovare la propria offerta vanno introdotti nuovi modelli di business. Infatti “Smart is not one thing: Smart is a way of doing things”. Oggi lo può fare attraverso una combinazione di diversi elementi, quali: lo sviluppo di prodotti intelligenti ed interconnessi che facilitano la raccolta e la gestione delle informazioni, l’introduzione di nuove tecnologie per realizzare processi produttivi digitali, la creazione di supply chain integrate e collaborative, il tutto orientato allo sviluppo di processi decisionali snelli e virtualizzati. In questo senso, le nuove tecnologie, sempre più democratiche e disponibili anche per la piccola-media impresa, sembrano quindi rappresentare l’ingrediente chiave per abilitare questi elementi e facilitare la trasformazione verso l’impresa smart. Secondo Perona, il modello da seguire è però l'opposto: il punto di partenza non sono le tecnologie digitali, bensì l’ideazione di nuovi modelli di business, dove il cliente appare sempre più al centro, basati su un ben determinato set di competenze e sostenuti da una struttura organizzativa dove le tecnologie rappresentano uno dei tasselli abilitanti.
Andrea Bacchetti, ricercatore del Laboratorio RISE, ha poi aperto il panel aziendale, ricordando quanto la trasformazione verso l’impresa Smart sia trasversale, intaccando diversi settori, diverse funzioni aziendali e diversi processi di business. I casi illustrati durante la tavola rotonda - che verranno ripresi sullo speciale di Logistica Management di giugno dedicato all’after sales - ne sono un esempio. L’evento è quindi proseguito con un’interessante discussione con la platea dove, tra le varie, è emerso con chiarezza come l’impresa Smart non possa prescindere dalle nuove competenze. Infatti come mostrano anche le ricerche condotte dal Laboratorio RISE, è ormai opinione condivisa che non basta all’impresa saper etichettare i trend tecnologici e le principali applicazioni digitali per diventare Smart. Serve un’autentica nuova formazione su questi aspetti, che deve poter fornire all’azienda non solo la conoscenza tecnica delle nuove tecnologie ma anche sviluppare la consapevolezza delle precondizioni di utilizzo e dei potenziali effetti collaterali delle nuove tecnologie, analizzando e gestendo le implicazioni organizzative, psicologiche e linguistiche che ne possono derivare.
Il compito di tirare le somme è stato assegnato al keynote di Andrea Rangone, CEO di Digital 360, che ha ha proposto ai presenti una serie di Lesson Learned, riassumibili in tre filoni principali:
1. Senza il commitment del top management, è difficile vivere la trasformazione digitale da protagonisti. Per essere Smart, diventa quindi davvero necessario distinguere il profilo del manager (tecnico e business) dal quello dell’imprenditore, vero catalizzatore della trasformazione.
2. L’organizzazione nel suo complesso deve venire ridiscussa. Si stanno infatti modificando sempre di più le dinamiche organizzative tra la gestione risorse umane, il responsabile dell’innovazione e le funzioni più tradizionali.
3. Riuscire a cambiare la cultura aziendale è difficile. Infatti, la maggior parte delle innovazioni recenti sono state portate da aziende di nuova costituzione e/o da startup.
L’evento si è aperto con l’intervento di Marco Perona, professore ordinario e direttore del Laboratorio RISE, che ha sottolineato come per innovare la propria offerta vanno introdotti nuovi modelli di business. Infatti “Smart is not one thing: Smart is a way of doing things”. Oggi lo può fare attraverso una combinazione di diversi elementi, quali: lo sviluppo di prodotti intelligenti ed interconnessi che facilitano la raccolta e la gestione delle informazioni, l’introduzione di nuove tecnologie per realizzare processi produttivi digitali, la creazione di supply chain integrate e collaborative, il tutto orientato allo sviluppo di processi decisionali snelli e virtualizzati. In questo senso, le nuove tecnologie, sempre più democratiche e disponibili anche per la piccola-media impresa, sembrano quindi rappresentare l’ingrediente chiave per abilitare questi elementi e facilitare la trasformazione verso l’impresa smart. Secondo Perona, il modello da seguire è però l'opposto: il punto di partenza non sono le tecnologie digitali, bensì l’ideazione di nuovi modelli di business, dove il cliente appare sempre più al centro, basati su un ben determinato set di competenze e sostenuti da una struttura organizzativa dove le tecnologie rappresentano uno dei tasselli abilitanti.
Andrea Bacchetti, ricercatore del Laboratorio RISE, ha poi aperto il panel aziendale, ricordando quanto la trasformazione verso l’impresa Smart sia trasversale, intaccando diversi settori, diverse funzioni aziendali e diversi processi di business. I casi illustrati durante la tavola rotonda - che verranno ripresi sullo speciale di Logistica Management di giugno dedicato all’after sales - ne sono un esempio. L’evento è quindi proseguito con un’interessante discussione con la platea dove, tra le varie, è emerso con chiarezza come l’impresa Smart non possa prescindere dalle nuove competenze. Infatti come mostrano anche le ricerche condotte dal Laboratorio RISE, è ormai opinione condivisa che non basta all’impresa saper etichettare i trend tecnologici e le principali applicazioni digitali per diventare Smart. Serve un’autentica nuova formazione su questi aspetti, che deve poter fornire all’azienda non solo la conoscenza tecnica delle nuove tecnologie ma anche sviluppare la consapevolezza delle precondizioni di utilizzo e dei potenziali effetti collaterali delle nuove tecnologie, analizzando e gestendo le implicazioni organizzative, psicologiche e linguistiche che ne possono derivare.
Il compito di tirare le somme è stato assegnato al keynote di Andrea Rangone, CEO di Digital 360, che ha ha proposto ai presenti una serie di Lesson Learned, riassumibili in tre filoni principali:
1. Senza il commitment del top management, è difficile vivere la trasformazione digitale da protagonisti. Per essere Smart, diventa quindi davvero necessario distinguere il profilo del manager (tecnico e business) dal quello dell’imprenditore, vero catalizzatore della trasformazione.
2. L’organizzazione nel suo complesso deve venire ridiscussa. Si stanno infatti modificando sempre di più le dinamiche organizzative tra la gestione risorse umane, il responsabile dell’innovazione e le funzioni più tradizionali.
3. Riuscire a cambiare la cultura aziendale è difficile. Infatti, la maggior parte delle innovazioni recenti sono state portate da aziende di nuova costituzione e/o da startup.
Rangone ha quindi chiuso con una riflessione sul tema competenze: secondo una ricerca condotta da Digital360 sui giovani laureandi, emerge che di possibili profili definibili come “imprenditori digitali” ce ne sono davvero pochi (solo il 5%). Questo dato è rappresentativo di un enorme problema culturale dell’intero paese: la maggior parte delle aziende tende a “subire” la trasformazione digitale, mancando completamente le reali opportunità oggi offerte dalle nuove tecnologie. Nicola Saccani, professore associato e membro del Laboratorio RISE, ha quindi chiuso i lavori sottolineando alcuni importanti messaggi scaturiti dall’evento che possono aiutare l’azienda a diventare smart:
• Il cliente deve essere al centro, le sue esigenze anticipate;
• I dati sono la chiave e la principale fonte di valore;
• Le tecnologie digitali sono un fondamentale fattore abilitante, ma sono gli utilizzatori finali a beneficiarne di più: è necessaria quindi una chiara strategia, una roadmap e un modello di business adeguato per poter scaricarne a terra il potenziale;
• Il fattore umano è fondamentale: servono nuove e specifiche competenze, ancora difficilmente immaginabili.
Anche il Laboratorio RISE ha provato a strutturare un percorso in tal senso con i suoi studenti attraverso un’iniziativa denominata “Competenze per competere”. Tale iniziativa si è conclusa con un Hackathon che ha visto coinvolti 20 ragazzi selezionati, con l’obiettivo di sviluppare nuove idee ed APP, grazie al supporto di Gulliver, software house partner dell’evento. È quindi spettato a Giuseppe Capoferri, CEO di Gulliver, premiare i vincitori dell’Hackathon che hanno realizzato un prototipo “MyEcoWash”, un'app che consente di valutare l’impatto economico e ambientale delle abitudini di utilizzo della propria lavatrice, incrementando la consapevolezza dell’utilizzatore finale.
Report a cura di: Federico Adrodegari, Gianmarco Bressanelli - Laboratorio di ricerca RISE – Research & Innovation for Smart Entrerprises - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università di Brescia.
• Il cliente deve essere al centro, le sue esigenze anticipate;
• I dati sono la chiave e la principale fonte di valore;
• Le tecnologie digitali sono un fondamentale fattore abilitante, ma sono gli utilizzatori finali a beneficiarne di più: è necessaria quindi una chiara strategia, una roadmap e un modello di business adeguato per poter scaricarne a terra il potenziale;
• Il fattore umano è fondamentale: servono nuove e specifiche competenze, ancora difficilmente immaginabili.
Anche il Laboratorio RISE ha provato a strutturare un percorso in tal senso con i suoi studenti attraverso un’iniziativa denominata “Competenze per competere”. Tale iniziativa si è conclusa con un Hackathon che ha visto coinvolti 20 ragazzi selezionati, con l’obiettivo di sviluppare nuove idee ed APP, grazie al supporto di Gulliver, software house partner dell’evento. È quindi spettato a Giuseppe Capoferri, CEO di Gulliver, premiare i vincitori dell’Hackathon che hanno realizzato un prototipo “MyEcoWash”, un'app che consente di valutare l’impatto economico e ambientale delle abitudini di utilizzo della propria lavatrice, incrementando la consapevolezza dell’utilizzatore finale.
Report a cura di: Federico Adrodegari, Gianmarco Bressanelli - Laboratorio di ricerca RISE – Research & Innovation for Smart Entrerprises - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università di Brescia.
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