23-12-2020
Di Philippe Arfi, Responsabile Goodman per il Sud Europa
Di Philippe Arfi, Responsabile Goodman per il Sud Europa
La lotta contro il consumo del suolo è una questione centrale non solo per le aree a destinazione residenziale o commerciale, ma anche, e sempre di più, per quelle classificate come produttive e logistiche. Le soluzioni esistono e sono perseguibili essenzialmente attraverso la modifica degli strumenti urbanistici vigenti.
Mai prima d'ora una crisi sanitaria aveva evidenziato così tanto il ruolo essenziale del settore logistico nell'approvvigionamento dei beni di prima necessità dei cittadini. Le scorte di generi alimentari, mascherine e gel sono state descritte come "strategiche" e la loro consegna è stata nei primi mesi della pandemia una missione raccontata da tutti i media. Oggi, questa sfida si ripropone nella pianificazione delle strategie di distribuzione dei vaccini che presto, lo speriamo tutti, saranno disponibili.
Per altri prodotti, meno essenziali in tempi di crisi, ma comunque utili e necessari nella nostra vita quotidiana, l'e-commerce è diventato una soluzione, rafforzando e accelerando ulteriormente la crescita di questo nuovo canale di distribuzione, sempre più diffuso.
In quanto anelli essenziali delle catene di fornitura, le piattaforme logistiche e distributive hanno dimostrato di essere la spina dorsale delle reti che hanno permesso di continuare a rifornire gli italiani, e l’arrivo della pandemia sta di fatto enfatizzando anche nelle logiche della supply chain un processo già in atto: al fine di garantire velocità e tempestività di consegna la domanda di immobili logistici si sta sempre più spostando da grandi hub di smistamento, ad asset con superfici inferiori ubicati capillarmente in location strategiche e in prossimità della città: da inizio 2018 a oggi, sono stati investiti in Italia circa 350 milioni in immobili per logistica di tipo last mile. Una trasformazione che rende il problema del consumo del suolo ancora più evidente e più urgente la soluzione.
Questo particolare periodo storico costituisce, in quest’ottica, una grande opportunità per ripensare le logiche immobiliari nel settore logistico, per conciliare lo sviluppo di queste infrastrutture essenziali per il Paese, adottando nuovi modelli più virtuosi. L'artificializzazione del suolo, cioè la trasformazione di aree naturali, agricole o forestali in terreni urbanizzati, è una delle grandi sfide ambientali a cui dobbiamo dare soluzioni. Sebbene questo fenomeno sia ancora poco preso in considerazione dalle autorità locali nella loro politica di piano regolatore, non è comunque privo di conseguenze. In Francia, ad esempio, si prevede che 280.000 ettari di spazi naturali saranno artificializzati entro il 2030 se non si farà nulla (Fonte: rapporto France Stratégie), cioè l'equivalente della superficie del Lussemburgo. Dobbiamo improvvisamente smettere di costruire? Inoltre, siamo in grado di farlo se ammettiamo l'importanza strategica della logistica e il ruolo di primo piano che essa svolge per le nostre economie? Allora cosa dobbiamo fare?
Cambiare le regole del piano regolatore per aumentare la densità
Per rallentare l'espansione urbana, le soluzioni esistono già. La logistica immobiliare, contrariamente a quanto si crede, non fa eccezione. Gli operatori del settore sono pronti ad adattare in profondità i loro metodi e processi operativi ai diversi edifici. In primo luogo, dando una seconda vita alle aree dismesse, i cosiddetti siti brownfield. Agevolare la riconversione di ex siti industriali, spesso situati proprio a ridosso delle aree urbane e dunque in posizioni strategiche per assicurare i necessari approvvigionamenti alle città, significa dare i mezzi per sviluppare progetti senza artificiosità. In secondo luogo, densificando gli immobili logistici, come accaduto per il terziario e l'edilizia abitativa, attraverso la verticalizzazione. Non per scelta, ma per necessità. Questa verticalizzazione deve avvenire in via prioritaria nelle aree urbane già densificate, dove può offrire numerosi vantaggi: riduzione del consumo di suolo, raggiungimento della neutralità delle emissioni di CO2, concentrazione di posti di lavoro, riqualificazione della biodiversità e degli spazi verdi, ecc. Una combinazione vantaggiosa per tutti che consente agli utenti degli edifici di beneficiare di luoghi strategici per la loro attività e alle autorità locali di combinare attrattività e sostenibilità.
Perché ciò avvenga, è essenziale modificare le regole urbanistiche per consentire la costruzione di piattaforme logistiche a più piani, che sono più alte ma meno dispendiose in termini di consumo di suolo. Edifici a più piani esistono già nelle grandi città con sfide simili alle nostre: a Hong Kong, su 20 piani, a Mizue e Sakai in Giappone su 4 piani, presto in Australia e anche in Europa, ai confini con la Francia. Su scala globale, Goodman ha sviluppato 28 siti logistici multilivello, principalmente in Asia, per un totale di 2,8 milioni di m2 di spazio di stoccaggio per una superficie di soli 120 ettari. La costruzione della stessa superficie avrebbe richiesto la mobilitazione di oltre 800 ettari.
In Italia, Milano è sicuramente un esempio sia di concentrazione di progetti per lo sviluppo logistico - attira circa il 57% degli investimenti immobiliari complessivi nel paese (dati Q2 2020, Bnp Paribas real estate) - sia di un approccio dell’amministrazione comunale fortemente indirizzato alla sostenibilità, attraverso piani di riqualificazione e recupero che interessano molte aree della città.
Un uso più moderato del territorio è una necessità nella lotta contro il cambiamento climatico, così come lo è il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici. Non si tratta quindi di arrestare bruscamente i progetti edilizi sul terreno, ma piuttosto di adottare una traiettoria che permetta agli edifici logistici, quando i progetti lo permettono, di guadagnare in altezza attraverso una pianificazione urbana proattiva.
Lo Stato e le autorità locali hanno un ruolo importante da svolgere. Devono essere la forza trainante nel cambiare le regole in questa direzione affinché questi progetti possano vedere la luce.
Mai prima d'ora una crisi sanitaria aveva evidenziato così tanto il ruolo essenziale del settore logistico nell'approvvigionamento dei beni di prima necessità dei cittadini. Le scorte di generi alimentari, mascherine e gel sono state descritte come "strategiche" e la loro consegna è stata nei primi mesi della pandemia una missione raccontata da tutti i media. Oggi, questa sfida si ripropone nella pianificazione delle strategie di distribuzione dei vaccini che presto, lo speriamo tutti, saranno disponibili.
Per altri prodotti, meno essenziali in tempi di crisi, ma comunque utili e necessari nella nostra vita quotidiana, l'e-commerce è diventato una soluzione, rafforzando e accelerando ulteriormente la crescita di questo nuovo canale di distribuzione, sempre più diffuso.
In quanto anelli essenziali delle catene di fornitura, le piattaforme logistiche e distributive hanno dimostrato di essere la spina dorsale delle reti che hanno permesso di continuare a rifornire gli italiani, e l’arrivo della pandemia sta di fatto enfatizzando anche nelle logiche della supply chain un processo già in atto: al fine di garantire velocità e tempestività di consegna la domanda di immobili logistici si sta sempre più spostando da grandi hub di smistamento, ad asset con superfici inferiori ubicati capillarmente in location strategiche e in prossimità della città: da inizio 2018 a oggi, sono stati investiti in Italia circa 350 milioni in immobili per logistica di tipo last mile. Una trasformazione che rende il problema del consumo del suolo ancora più evidente e più urgente la soluzione.
Questo particolare periodo storico costituisce, in quest’ottica, una grande opportunità per ripensare le logiche immobiliari nel settore logistico, per conciliare lo sviluppo di queste infrastrutture essenziali per il Paese, adottando nuovi modelli più virtuosi. L'artificializzazione del suolo, cioè la trasformazione di aree naturali, agricole o forestali in terreni urbanizzati, è una delle grandi sfide ambientali a cui dobbiamo dare soluzioni. Sebbene questo fenomeno sia ancora poco preso in considerazione dalle autorità locali nella loro politica di piano regolatore, non è comunque privo di conseguenze. In Francia, ad esempio, si prevede che 280.000 ettari di spazi naturali saranno artificializzati entro il 2030 se non si farà nulla (Fonte: rapporto France Stratégie), cioè l'equivalente della superficie del Lussemburgo. Dobbiamo improvvisamente smettere di costruire? Inoltre, siamo in grado di farlo se ammettiamo l'importanza strategica della logistica e il ruolo di primo piano che essa svolge per le nostre economie? Allora cosa dobbiamo fare?
Cambiare le regole del piano regolatore per aumentare la densità
Per rallentare l'espansione urbana, le soluzioni esistono già. La logistica immobiliare, contrariamente a quanto si crede, non fa eccezione. Gli operatori del settore sono pronti ad adattare in profondità i loro metodi e processi operativi ai diversi edifici. In primo luogo, dando una seconda vita alle aree dismesse, i cosiddetti siti brownfield. Agevolare la riconversione di ex siti industriali, spesso situati proprio a ridosso delle aree urbane e dunque in posizioni strategiche per assicurare i necessari approvvigionamenti alle città, significa dare i mezzi per sviluppare progetti senza artificiosità. In secondo luogo, densificando gli immobili logistici, come accaduto per il terziario e l'edilizia abitativa, attraverso la verticalizzazione. Non per scelta, ma per necessità. Questa verticalizzazione deve avvenire in via prioritaria nelle aree urbane già densificate, dove può offrire numerosi vantaggi: riduzione del consumo di suolo, raggiungimento della neutralità delle emissioni di CO2, concentrazione di posti di lavoro, riqualificazione della biodiversità e degli spazi verdi, ecc. Una combinazione vantaggiosa per tutti che consente agli utenti degli edifici di beneficiare di luoghi strategici per la loro attività e alle autorità locali di combinare attrattività e sostenibilità.
Perché ciò avvenga, è essenziale modificare le regole urbanistiche per consentire la costruzione di piattaforme logistiche a più piani, che sono più alte ma meno dispendiose in termini di consumo di suolo. Edifici a più piani esistono già nelle grandi città con sfide simili alle nostre: a Hong Kong, su 20 piani, a Mizue e Sakai in Giappone su 4 piani, presto in Australia e anche in Europa, ai confini con la Francia. Su scala globale, Goodman ha sviluppato 28 siti logistici multilivello, principalmente in Asia, per un totale di 2,8 milioni di m2 di spazio di stoccaggio per una superficie di soli 120 ettari. La costruzione della stessa superficie avrebbe richiesto la mobilitazione di oltre 800 ettari.
In Italia, Milano è sicuramente un esempio sia di concentrazione di progetti per lo sviluppo logistico - attira circa il 57% degli investimenti immobiliari complessivi nel paese (dati Q2 2020, Bnp Paribas real estate) - sia di un approccio dell’amministrazione comunale fortemente indirizzato alla sostenibilità, attraverso piani di riqualificazione e recupero che interessano molte aree della città.
Un uso più moderato del territorio è una necessità nella lotta contro il cambiamento climatico, così come lo è il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici. Non si tratta quindi di arrestare bruscamente i progetti edilizi sul terreno, ma piuttosto di adottare una traiettoria che permetta agli edifici logistici, quando i progetti lo permettono, di guadagnare in altezza attraverso una pianificazione urbana proattiva.
Lo Stato e le autorità locali hanno un ruolo importante da svolgere. Devono essere la forza trainante nel cambiare le regole in questa direzione affinché questi progetti possano vedere la luce.


