Presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano, si è tenuto il convegno FerCargo dal titolo “Treni merci con standard europei per un trasporto intermodale a servizio dell'industria e dei porti”, al quale hanno preso parte le principali associazioni e imprese del settore ferroviario, specializzate ovviamente nel trasporto intermodale delle merci. Prima delle due tavole rotonde, moderate da Franco Tanel, collaboratore de Il Sole 24 Ore, presiedute rispettivamente da chi offre il trasporto intermodale in Italia e Europa (Ambrogio Trasporti, Fercam, Sogemar, FS Logistica) e chi invece gestisce la rete, i servizi ferroviari e terminalistici (Trenitalia Cargo, UIR, Assiterminal, RFI), il presidente di FerCargo, Giancarlo Laguzzi, ha tenuto un interessante discorso di apertura, del quale riportiamo una breve sintesi.
Laguzzi è partito delineando l'attuale scenario del sistema intermodale europeo, sicuramente in attesa dell'apertura del tunnel ferroviario più lungo del mondo, il San Gottardo la cui inaugurazione è prevista per il 1 giugno 2016, alla quale però arriveremo impreparati: «I nuovi trafori alpini internazionali e, di conseguenza, i diversi miliardi di euro spesi per spostare su rotaia gran parte del traffico merci che oggi percorre nei due sensi la dorsale tra il Sud della Germania e il Nord dell’Italia, saranno quasi inutili se non ci adegueremo presto agli standard europei previsti per il multimodale».
Quattro essenzialmente gli adeguamenti necessari per rendere attrattivo il trasporto su ferro che, come ribadito più volte nel corso del pomeriggio, non vuole competere con il trasporto su gomma, ma semmai trovare delle sinergie a beneficio di entrambi. «Adeguarci agli standard europei significa portare la lunghezza dei treni da 550 metri a 750 metri, il peso da 1.600 tonnellate a 2.000 tonnellate – per un equivalente di +25% di merce trasportata –, senza limiti di sagoma e normativa identica – in sostanza, macchinista unico – alle altre reti continentali».
Le differenze oggi in atto sulle linee italiane valgono circa il 20% dell’attuale costo di produzione di un treno merci ed attivano una competitività con il tutto gomma per tutti i prodotti industriali e per i porti su lunghezze superiori ai 250-300 chilometri.
«Siamo convinti che oggi esistano le condizioni per rendere competitiva l’intermodalità. Riteniamo opportuno discutere con i clienti della ferrovia (Associazioni, M.T.O., Caricatori), con il gestore della rete nonché con i terminal e le imprese ferroviarie su come diminuire gli elementi di costo dell’intermodalità per renderla competitiva con il tutto gomma. FerCargo ha maturato esperienze variegate grazie alle specificità dei suoi Associati e propone al dibattito una semplice ricetta: fare in Italia ciò che si fa da molti anni negli altri Paesi in Europa, adeguandosi finalmente ai sopracitati standard».
L’adeguamento normativo e del peso trainabile sono a costo zero, mentre per l’adeguamento della lunghezza e delle sagome servono interventi infrastrutturali, ma di costo contenuto rispetto a quelli delle nuove infrastrutture ed in particolare delle gallerie di valico. Tali adeguamenti, peraltro obbligatori a seguito dei Regolamenti UE sui corridoi merci e reti Ten-T, rendono contestualmente più efficaci: i nuovi trafori ferroviari alpini che da soli non consentirebbero una maggiore competitività della ferrovia ma solo una potenziale maggiore quantità di treni; gli incentivi recentemente approvati dal Governo con la Legge di Stabilità 2016 (ferrobonus e marebonus) e con la Legge “Interventi per il territorio” (di tali Leggi sono in corso di definizione i relativi Decreti attuativi per la concreta applicazione).
Con riferimento ai citati incentivi è doveroso l’apprezzamento per una importante decisione politica che consentirà una inversione di tendenza dell’andamento del comparto, maggiori investimenti alle Imprese Ferroviarie e la nascita di altre. Infatti il trend nell’ultimo decennio ha registrato un peggioramento significativo nell’incidenza ferroviaria con le altre modalità la cui quota split modale è oggi solo del 7-8%, ovvero la più bassa d’Europa (media Europa 18% con la Svizzera al top con il 68%).
Liberalizzazione del mercato
«Abbiamo organizzato il convegno per ricercare i solo fattori che rendano più competitivo il trasporto intermodale per sviluppare le nostre imprese ferroviarie e per dare un contributo all’industria ed al sistema dei porti (penalizzati dai costi di trasporto superiori ai loro competitor internazionali) nonché per aiutare la qualità dell’ambiente» presegue Laguzzi.
Tra questi, vi è sicuramente la liberalizzazione del mercato, un'esperienza positiva dice Laguzzi: «FerCargo ha dimostrato in questi ultimi anni che la liberalizzazione produce ricadute positive sul mercato e che Trenitalia è in grado di competere. In merito siamo convinti che sia giunta l’ora della “coopetition” ossia prima la cooperazione che consente maggiore competitività del comparto (in primis in Associazione) e solo dopo la competizione. Se poi l’intermodalità avesse un prezzo competitivo, ovvero un costo per i clienti più basso del tutto camion, almeno sulle medie-lunghe distanze e sui corridoi ad elevata domanda, la liberalizzazione, a parità di regole, riprenderebbe fiato ed i volumi crescerebbero creando un effetto rete assimilabile ad una “metropolitana delle merci” con vantaggi in termini di competitività per l’industria ed i porti che ne rappresentano nodi strategici, di qualità per l’ambiente ed i cittadini».
Infatti, incrementando complessivamente le frequenza dei treni su una rete consolidata (siano servizi Trenitalia che FerCargo) si porrebbero le condizioni: per iniziare a rispondere alla domanda della grande distribuzione (GDO) e per privilegiare i veicoli stradali al trasporto regionale ad essi più consono e caratterizzato da raggi di azione, peraltro, non congeniali agli operatori dell’est Europa. FRI e interventi urgenti RFI ha pianificato la messa a modulo di 750 metri e l’adeguamento sagome, una scelta innovativa rispetto al passato sia nel metodo e sia nel merito e ciò merita apprezzamento secondo FerCargo.
Altri interventi urgenti riguardano la capacità dei treni: «Le nuove infrastrutture coerenti con le Reti Ten-T/corridoi merci servono essenzialmente per la capacità senza contribuire alla competitività dell’intermodalità ferroviaria (che è prioritaria perché già oggi esiste una potenzialità residua inutilizzata perché il tutto gomma costa meno). Ciò ribadito è però necessario che la capacità per i nuovi flussi sia la stessa sull’intero corridoio, ovvero non ci debbano essere “strozzature” mentre riteniamo che ne esisterà una nel nodo di Milano».
Infatti, tale nodo deve potere essere attraversato dall’incremento dei flussi verticali del Rhine Alpine Corridor da nord (Gottardo e Ceneri) e da sud (Terzo Valico dei Giovi) nonché da quelli orizzontali del Mediterranean Corridor e degli ulteriori treni passeggeri AV dopo il completamento dell’intera tratta Milano-Venezia. Ma non solo, dovrà anche fare fronte, seppure indirettamente, ai flussi provenienti dallo Scandinavian Mediterranean Corridor (asse del Brennero) nonché, sempre indirettamente, anche da quelli del Baltic Adriatic Corridor.
FerCargo chiede inoltre a RFI che il modulo debba essere sempre 750 metri e non variabile tra 650-750 metri. Un adeguamento deve essere previsto anche per i binari di proprietà RFI (arrivo e partenza) dei terminal. È auspicabile che siano adeguati anche i binari interni per ridurre i costi delle manovre senza spezzare il treno ma quelli RFI di arrivo e partenza (binari della stazione a servizio del terminal) sono indispensabili. È inutile adeguare a 750 metri le linee Torino Venezia e quelle di valico se poi non esiste nessun terminal sulle stesse che possa ricevere o fare partire un treno da 750 metri, e così via per ogni relazione.
Adeguamento moduli e interporti
Ecco nel dettaglio la situazione dei soli interporti:
- Verona Quadrante Europa 600 metri (7.000 coppie treni anno);
- Cim di Novara 600 metri (4.000 coppie treni anno);
- Padova 600 metri (2.500 coppie treno anno);
- Rivalta Terminal Europa 450 metri (1.000 coppie treni anno);
- Bari 650 metri (1.000 coppie treni anno);
- Mortara 650 metri (500 coppie treno anno).
Si aggiungano ancora Milano Segrate/Smistamento di Terminal Italia, Busto Arsizio di Hupac, Brescia di Hupac, Melzo di Contship Italia ed altri. Sul Rhine Alpine Corridor i porti liguri, con l’apertura del Gottardo e delle Ceneri e con il modulo a 750 metri fino alla pianura padana, perdono competitività verso quelli del nord Europa non essendoci a sud di Milano in programma al 2017 nessun intervento di adeguamento dei moduli che restano di molto inferiori ai 600 metri indicati in planimetria: per esempio i binari a servizio del terminal VTE di Genova Voltri, il più importante Porto d’Italia, sono lunghi solo 500 metri e peraltro sono solo tre e già oggi costituiscono una “strozzatura” che penalizza l’incremento di treni.
Occorre precisare che questi interventi sono necessari, unitamente a quelli di tecnologici del nodo di Milano, prima dell’entrata in esercizio del terzo valico senza i quali tale importante opera infrastrutturale non consentirebbe nessun incremento di potenzialità merci.
Infine i Porti del Nord Europa hanno lo stesso costo del nolo marittimo (se non inferiore) ma quello terrestre per il Nord Italia è di oltre il doppio del precedente: se quest’ultimo diminuirà sensibilmente sia per la nuova galleria del Gottardo che per i moduli a 750 metri programmati da RFI solo a Nord dell’asse Torino-Venezia il punto di convenienza di Rotterdam scende più a sud rispetto alle attuali condizioni.
Per gli atti del convegno FerCargo si rimanda al sito www.fercargo.net.