01-12-2020
Quest’anno il XVII ASAP Service Management Forum, svoltosi online lo scorso 19 e 20 novembre, intitolato “Il futuro è adesso: il servizio nel Next Normal” si è articolato in due specifiche sessioni con testimonianze di esperti e casi di successo, quali possano essere le caratteristiche distintive del service business nel “next normal”. La versione integrale del convegno è disponibile qui; di seguito, una sintesi della giornata.
Richiamando le attività di ricerca ed indagine svolte da ASAP durante la “prima ondata”, Nicola Saccani (Università di Brescia), ha introdotto il tema degli effetti disruptive della pandemia sulle supply chain e di quali siano le soluzioni per ottenere una supply chain più resiliente ed in grado di sostenere con più facilità questo tipo di eventi. In particolare, partendo dagli studi di ASAP, Saccani ha illustrato i 4 elementi fondanti per una supply chain resiliente: 1) integrata si riferisce al processo di digitalizzazione, che a causa dalla pandemia è stata accelerata, quindi una miglior raccolta e utilizzo dei dati, remotizzazione e automazione; 2) agile in termini di ridondanza delle risorse, flessibilità, prossimità delle fonti di approvvigionamento e preparata; 3) sostenibile e circolare attraverso 4 azioni principali: riprogettazione del design dei prodotti; riconvertire i processi produttivi; ripensare i modelli di business; riconfigurazione delle supply chain. 4) servitizzata perché la vendita dei servizi poteva essere ed è stata (come confermato dall’indagine ASAP sugli effetti della pandemia dello scorso marzo-aprile 2020) meno impattata dalla pandemia. Su questi elementi sono stati chiamati in causa a confrontarsi e parlare i relatori aziendali, per presentare le soluzioni adottate per fronteggiare la crisi ed il next normal che verrà.
Richiamando le attività di ricerca ed indagine svolte da ASAP durante la “prima ondata”, Nicola Saccani (Università di Brescia), ha introdotto il tema degli effetti disruptive della pandemia sulle supply chain e di quali siano le soluzioni per ottenere una supply chain più resiliente ed in grado di sostenere con più facilità questo tipo di eventi. In particolare, partendo dagli studi di ASAP, Saccani ha illustrato i 4 elementi fondanti per una supply chain resiliente: 1) integrata si riferisce al processo di digitalizzazione, che a causa dalla pandemia è stata accelerata, quindi una miglior raccolta e utilizzo dei dati, remotizzazione e automazione; 2) agile in termini di ridondanza delle risorse, flessibilità, prossimità delle fonti di approvvigionamento e preparata; 3) sostenibile e circolare attraverso 4 azioni principali: riprogettazione del design dei prodotti; riconvertire i processi produttivi; ripensare i modelli di business; riconfigurazione delle supply chain. 4) servitizzata perché la vendita dei servizi poteva essere ed è stata (come confermato dall’indagine ASAP sugli effetti della pandemia dello scorso marzo-aprile 2020) meno impattata dalla pandemia. Su questi elementi sono stati chiamati in causa a confrontarsi e parlare i relatori aziendali, per presentare le soluzioni adottate per fronteggiare la crisi ed il next normal che verrà.
Panel 1 – Il ruolo dei servizi per reagire alla crisi
Moderato da Giuditta Pezzotta (Università di Bergamo), il primo panel ha avuto come focus l’impatto del Covid sulle operations e come le aziende hanno reagito all’emergenza, ed ha visto coinvolti come speaker Sky, Carel e ServiceMax. Primo è intervenuto Lucio Golinelli, Retail & Service Senior Director di Sky, che ha esposto le principali criticità che l’azienda ha dovuto fronteggiare causa Covid. Nonostante in Sky ci fosse già una predisposizione ad affrontare situazioni difficili o di crisi (i.e. disaster recovery plan già pronti), il Covid è stata tanto una situazione eccezionale che ha richiesto azioni eccezionali dedicate a problemi nuovi e non previsti. In particolare, per quanto concerne vendere ed erogare servizi a distanza, tra le azioni che sono state intraprese quella creazione di nuove piattaforme digitali dedicate per l’addestramento e la comunicazione. La trasformazione digitale, che era già in atto, ha avuto una grande accelerazione per supportare i nuovi modelli operativi.
È poi intervenuto Gabriela Bramezza, Sales & Marketing Process Development Manager di Carel, azienda globale che offre soluzioni elettroniche di controllo e sistemi per l’umidificazione, aria condizionata e applicazioni per il riscaldamento. L’azienda ha scelto di sviluppare un progetto di realtà aumentata che facesse forza su quattro “pillar”: velocità di esecuzione, mediante un approccio agile; scalabilità grazie al funzionamento sul cloud, bassi investimenti ed una curva di apprendimento estremamente ripida; implementazione garantita grazie ad una grande usabilità dello strumento; standardizzazione della soluzione, per evitare costosi ed impegnative manutenzione della relativa documentazione. Il progetto, che è andato live nel giro di 4 settimane, ha soddisfatto pienamente le aspettative di Carel ed ha ripagato pienamente l’investimento richiesto, tanto che l’implementazione dell’AR è stata estesa anche agli altri plant dell’azienda.
Per capire quale sia la migliore ricetta per riprogettare l’operatività nel next normal, è infine intervenuto Mauro Paretti di ServiceMax il quale ha rimarcato che, con la pandemia, le aspettative dei clienti siano aumentate drasticamente e per rispondere al meglio alle mutate esigenze delle aziende, è fondamentale evolvere la fornitura dei servizi, anche con servizi da remoto, intraprendendo un percorso di trasformazione digitale e completo del service che passa verso l’adozione di una piattaforma digitale e l’uso sempre più pervasivo dei dati nel processo decisionale. La piattaforma, se in grado di raccogliere dati dall’asset, dall’operatore e dal cliente, permetterà all’azienda di ridurre i costi, aumentare i profitti, migliorare la conformità ed aumentare la customer satisfaction.
Moderato da Giuditta Pezzotta (Università di Bergamo), il primo panel ha avuto come focus l’impatto del Covid sulle operations e come le aziende hanno reagito all’emergenza, ed ha visto coinvolti come speaker Sky, Carel e ServiceMax. Primo è intervenuto Lucio Golinelli, Retail & Service Senior Director di Sky, che ha esposto le principali criticità che l’azienda ha dovuto fronteggiare causa Covid. Nonostante in Sky ci fosse già una predisposizione ad affrontare situazioni difficili o di crisi (i.e. disaster recovery plan già pronti), il Covid è stata tanto una situazione eccezionale che ha richiesto azioni eccezionali dedicate a problemi nuovi e non previsti. In particolare, per quanto concerne vendere ed erogare servizi a distanza, tra le azioni che sono state intraprese quella creazione di nuove piattaforme digitali dedicate per l’addestramento e la comunicazione. La trasformazione digitale, che era già in atto, ha avuto una grande accelerazione per supportare i nuovi modelli operativi.
È poi intervenuto Gabriela Bramezza, Sales & Marketing Process Development Manager di Carel, azienda globale che offre soluzioni elettroniche di controllo e sistemi per l’umidificazione, aria condizionata e applicazioni per il riscaldamento. L’azienda ha scelto di sviluppare un progetto di realtà aumentata che facesse forza su quattro “pillar”: velocità di esecuzione, mediante un approccio agile; scalabilità grazie al funzionamento sul cloud, bassi investimenti ed una curva di apprendimento estremamente ripida; implementazione garantita grazie ad una grande usabilità dello strumento; standardizzazione della soluzione, per evitare costosi ed impegnative manutenzione della relativa documentazione. Il progetto, che è andato live nel giro di 4 settimane, ha soddisfatto pienamente le aspettative di Carel ed ha ripagato pienamente l’investimento richiesto, tanto che l’implementazione dell’AR è stata estesa anche agli altri plant dell’azienda.
Per capire quale sia la migliore ricetta per riprogettare l’operatività nel next normal, è infine intervenuto Mauro Paretti di ServiceMax il quale ha rimarcato che, con la pandemia, le aspettative dei clienti siano aumentate drasticamente e per rispondere al meglio alle mutate esigenze delle aziende, è fondamentale evolvere la fornitura dei servizi, anche con servizi da remoto, intraprendendo un percorso di trasformazione digitale e completo del service che passa verso l’adozione di una piattaforma digitale e l’uso sempre più pervasivo dei dati nel processo decisionale. La piattaforma, se in grado di raccogliere dati dall’asset, dall’operatore e dal cliente, permetterà all’azienda di ridurre i costi, aumentare i profitti, migliorare la conformità ed aumentare la customer satisfaction.
Panel 2 – Verso il next normal
Durante la seconda parte della sessione, moderata da Nicola Saccani (Università di Brescia), sono intervenuti i rappresentanti di CGT, SIAT e Servitly. Prima è intervenuto Gianluca Calì, direttore marketing e digital business development di CGT. L’azienda è dealer Caterpillar con 28 filiali sparse sull’intero territorio nazionale. La pandemia ha minato uno dei punti di forza di CGT, ovvero la vicinanza con il cliente. Per sopperire a questa grande difficoltà, CGT ha fatto leva sulla disponibilità di dati raccolti dal parco macchine interconnesso: l’azienda infatti già prima della pandemia aveva a disposizione un importante processo di digitalizzazione del parco macchine ed una cultura (già offerta di remote service gestiti dal una control tower) verso la digitalizzazione del service affermata; con la pandemia, sfruttando proprio questa esperienza, hanno potenziato e definito nuove soluzioni digitali in grado di rimediare alla distanza che si è venuta a creare con il cliente, tra cui attivazione di eventi live in streaming per fare promozione e training, attività di lead generation sfruttando i social network e mailing mirate.
Michel Donaggio, Global service manager di SIAT, conosciuta in tutto il mondo come produttore di macchine di prima classe per l'imballaggio secondario e produce più di 17.000 macchine all'anno. A partire dal 2018, SIAT ha avviato un progetto di interconnessione del parco macchine installato per sviluppare una soluzione digitale (Optirun), finalizzata a: conoscere il reale utilizzo delle macchine da parte dei clienti; avere informazioni di diagnostica reali per fornire un servizio di assistenza più rapido ed efficace; permettere al cliente finale di monitorare i consumi di materiale da imballaggio (i.e. il film) ed ottimizzarne il riordino, monitorare la qualità del lavoro e comprendere come migliorarla; c) ottimizzare il lavoro svolto in funzione del tipo di prodotto. Dopo il rilascio sul mercato però i risultati non sono stati quelli sperati; è stata proprio la pandemia, e quindi la necessità di uno strumento adatto al controllo e monitoraggio da remoto del prodotto, che ha spinto a richiedere la piattaforma (ovvero il servizio connesso) e quindi al successo della stessa. Il successo è stato tale che dalla seconda metà del 2020 è cominciato lo sviluppo di una dedicata linea business Siat Optirun che ha come obiettivo per il 2021 di consolidare in contratto annuale di servizio almeno il 50% delle macchine equipaggiate nel corso del 2020, con un contratto di servizio che garantisce entro tot tempo al cliente una rapida risposta.
Durante la seconda parte della sessione, moderata da Nicola Saccani (Università di Brescia), sono intervenuti i rappresentanti di CGT, SIAT e Servitly. Prima è intervenuto Gianluca Calì, direttore marketing e digital business development di CGT. L’azienda è dealer Caterpillar con 28 filiali sparse sull’intero territorio nazionale. La pandemia ha minato uno dei punti di forza di CGT, ovvero la vicinanza con il cliente. Per sopperire a questa grande difficoltà, CGT ha fatto leva sulla disponibilità di dati raccolti dal parco macchine interconnesso: l’azienda infatti già prima della pandemia aveva a disposizione un importante processo di digitalizzazione del parco macchine ed una cultura (già offerta di remote service gestiti dal una control tower) verso la digitalizzazione del service affermata; con la pandemia, sfruttando proprio questa esperienza, hanno potenziato e definito nuove soluzioni digitali in grado di rimediare alla distanza che si è venuta a creare con il cliente, tra cui attivazione di eventi live in streaming per fare promozione e training, attività di lead generation sfruttando i social network e mailing mirate.
Michel Donaggio, Global service manager di SIAT, conosciuta in tutto il mondo come produttore di macchine di prima classe per l'imballaggio secondario e produce più di 17.000 macchine all'anno. A partire dal 2018, SIAT ha avviato un progetto di interconnessione del parco macchine installato per sviluppare una soluzione digitale (Optirun), finalizzata a: conoscere il reale utilizzo delle macchine da parte dei clienti; avere informazioni di diagnostica reali per fornire un servizio di assistenza più rapido ed efficace; permettere al cliente finale di monitorare i consumi di materiale da imballaggio (i.e. il film) ed ottimizzarne il riordino, monitorare la qualità del lavoro e comprendere come migliorarla; c) ottimizzare il lavoro svolto in funzione del tipo di prodotto. Dopo il rilascio sul mercato però i risultati non sono stati quelli sperati; è stata proprio la pandemia, e quindi la necessità di uno strumento adatto al controllo e monitoraggio da remoto del prodotto, che ha spinto a richiedere la piattaforma (ovvero il servizio connesso) e quindi al successo della stessa. Il successo è stato tale che dalla seconda metà del 2020 è cominciato lo sviluppo di una dedicata linea business Siat Optirun che ha come obiettivo per il 2021 di consolidare in contratto annuale di servizio almeno il 50% delle macchine equipaggiate nel corso del 2020, con un contratto di servizio che garantisce entro tot tempo al cliente una rapida risposta.
Seconda sessione
La seconda sessione del XVII ASAP Forum si è aperta con un intervento di Federico Adrodegari, ricercatore dell’Università di Brescia e coordinatore di ASAP, che ha illustrato come, durante la prima sessione, siano emerse alcuni elementi chiave per il service del next normal, ovvero in grado di garantire risultati e continuità nel business. Il primo elemento è senza dubbio legato alle nuove tecnologie: il contesto attuale richiede infatti una, ancor più rapida, evoluzione del servizio verso il paradigma smart, connected and remote. Un utilizzo consapevole delle nuove tecnologie non solo per abilitare nuovi servizi ma, soprattutto, per ridisegnare quelli tradizionali, oggi essenziali per la continuità. Di conseguenza, serve adattare in modo rapido e snello i processi, le operations e modalità di erogazione, ripensando le supply chain di servizio in ottica resiliente. Il tutto per per soddisfare il cliente, le cui esigenze però oggi sono mutate, così come diverso è il suo ruolo: non solo fruitore del servizio ma anche partecipe e co-creatore del valore. Questo però non basta. La chiave di volta nella realizzazione di servizi ad alto valore aggiunto è infatti lo sviluppo coerente di organizzazioni e di competenze, sempre più ricche e complesse.
Mario Rapaccini (Università di Firenze), ha quindi ripreso il tema ricordando come ASAP si occupi da anni dello sviluppo delle competenze nell’ambito service, analizzando percorsi e processi di formazione e training. In particolare, nello scenario di spinta digitale degli ultimi anni, si è recentemente affrontato il tema delle competenze per la digitial service transformation, definendo i ruoli chiave di questo passaggio così come gap e criticità. Ricerche che sottolineano l’importanza di nuove competenze tecnologiche, sugli strumenti, sulla centralità non solo del tecnico ma anche del cliente e di tutta quella rete di attori che sopporta lo sviluppo e l’erogazione dei servizi. Da questi iniziali spunti scaturisce poi il focus della giornata, infatti Rapaccini, illustra come, con il fenomeno del Covid, l’interesse verso il digital learning sia incrementato vertiginosamente, e la volontà di ASAP è quindi quella di offrire un momento di riflessione e condivisione delle esperienze di alcune aziende circa questa tematica. Si entra quindi nel vivo del panel, nel quale la moderazione di Paola Liberace, esperta di formazione e attualmente Head del team Accademy di Vetrya. Tra i partecipanti, Fabrizio Sillano Virtual training service and application Manager di TXT group, che ha raccontato come la propria azienda ha già iniziato da tempo ad investire in strumenti altamente tecnologici con finalità di utilizzo nelle attività di formazione, in quelli che vengono definiti i virtual training. In particolare, si utilizzano tutte le diverse tecniche di extended reality, quali la virtual reality, che permette l’immersione totale in un ambiente 3D ricostruito, senza necessità di elementi fisici, l’augmented reality, che aggiunge elementi virtuali alla realtà e la mixed reality che permette di interagire sia con oggetti reali che con oggetti virtuali.
Andrea Laudadio, head of TIM Accademy & Developement, ha spostato l’attenzione dalle tecnologie alla reale efficacia delle implementazioni che si realizzano, che è stata la domanda cruciale emersa con una forte accelerazione durante la situazione di pandemia. Bisogna infatti porre attenzione non solo a cosa si può fare, ma anche a “cosa funzioni”. Infatti è ancora difficile avere informazioni circa delle analisi di apprendimento comparato tra quello che è l’ambiente tradizionale del training e l’ambiente virtuale. Serve capire come le curve di apprendimento degli utenti evolvano, in moto tale da poter valutare questi approcci anche per la loro efficacia.
Da ultimo riprende la parola a Paola Liberace, per fare un po’ di ordine rispetto a cosa si può fare e cosa è utile? Si è visto come nel periodo di pandemia, le aziende hanno dovuto fare un passo indietro rispetto ai modelli che si stavano radicando di corsi online a catalogo da una parte e coaching dedicato dall’altra. Serve infatti focalizzarsi su tecniche di smart training, che non significa tecnologicamente avanzata, bensì intelligente, capace di attivare leve opportune ed efficaci. Le ultime battute ritornano a Stefano Butti e Mauro Paretti, che danno la loro opinione sull’utilizzo dei dati nelle reti di assistenza tecnica per quanto riguarda aspetti formativi e ostacoli da superare. Butti sottolinea come un prodotto digitale richieda delle competenze, sia di tipo digitale che tecnico sul prodotto e di analisi dati, ma non significa che le uniche competenze richieste siano quelle di data scientist, infatti una delle capacità essenziali dell’azienda è quella di sapersi organizzare e di organizzare la conoscenza e le informazioni già presenti in essa. Paretti sottolinea poi la necessità di definire anche delle diverse logiche di accesso ai dati per i diversi attori che ne potrebbero aver bisogno. Non è da dimenticare, infatti, la presenza di un network complesso a supporto dei servizi di un’azienda, e lo sviluppo sempre più diffuso dei modelli di freelancing legati alla GIG economy. In questo contesto la piattaforma deve essere la fonte di verità che cattura e diffonde le informazioni nello stesso modo, soprattutto ai tecnici sul campo, dell’azienda, di partner, o di terze parti, ma sono loro che rappresentano la prima linea di confronto con il cliente.
La seconda sessione del XVII ASAP Forum si è aperta con un intervento di Federico Adrodegari, ricercatore dell’Università di Brescia e coordinatore di ASAP, che ha illustrato come, durante la prima sessione, siano emerse alcuni elementi chiave per il service del next normal, ovvero in grado di garantire risultati e continuità nel business. Il primo elemento è senza dubbio legato alle nuove tecnologie: il contesto attuale richiede infatti una, ancor più rapida, evoluzione del servizio verso il paradigma smart, connected and remote. Un utilizzo consapevole delle nuove tecnologie non solo per abilitare nuovi servizi ma, soprattutto, per ridisegnare quelli tradizionali, oggi essenziali per la continuità. Di conseguenza, serve adattare in modo rapido e snello i processi, le operations e modalità di erogazione, ripensando le supply chain di servizio in ottica resiliente. Il tutto per per soddisfare il cliente, le cui esigenze però oggi sono mutate, così come diverso è il suo ruolo: non solo fruitore del servizio ma anche partecipe e co-creatore del valore. Questo però non basta. La chiave di volta nella realizzazione di servizi ad alto valore aggiunto è infatti lo sviluppo coerente di organizzazioni e di competenze, sempre più ricche e complesse.
Mario Rapaccini (Università di Firenze), ha quindi ripreso il tema ricordando come ASAP si occupi da anni dello sviluppo delle competenze nell’ambito service, analizzando percorsi e processi di formazione e training. In particolare, nello scenario di spinta digitale degli ultimi anni, si è recentemente affrontato il tema delle competenze per la digitial service transformation, definendo i ruoli chiave di questo passaggio così come gap e criticità. Ricerche che sottolineano l’importanza di nuove competenze tecnologiche, sugli strumenti, sulla centralità non solo del tecnico ma anche del cliente e di tutta quella rete di attori che sopporta lo sviluppo e l’erogazione dei servizi. Da questi iniziali spunti scaturisce poi il focus della giornata, infatti Rapaccini, illustra come, con il fenomeno del Covid, l’interesse verso il digital learning sia incrementato vertiginosamente, e la volontà di ASAP è quindi quella di offrire un momento di riflessione e condivisione delle esperienze di alcune aziende circa questa tematica. Si entra quindi nel vivo del panel, nel quale la moderazione di Paola Liberace, esperta di formazione e attualmente Head del team Accademy di Vetrya. Tra i partecipanti, Fabrizio Sillano Virtual training service and application Manager di TXT group, che ha raccontato come la propria azienda ha già iniziato da tempo ad investire in strumenti altamente tecnologici con finalità di utilizzo nelle attività di formazione, in quelli che vengono definiti i virtual training. In particolare, si utilizzano tutte le diverse tecniche di extended reality, quali la virtual reality, che permette l’immersione totale in un ambiente 3D ricostruito, senza necessità di elementi fisici, l’augmented reality, che aggiunge elementi virtuali alla realtà e la mixed reality che permette di interagire sia con oggetti reali che con oggetti virtuali.
Andrea Laudadio, head of TIM Accademy & Developement, ha spostato l’attenzione dalle tecnologie alla reale efficacia delle implementazioni che si realizzano, che è stata la domanda cruciale emersa con una forte accelerazione durante la situazione di pandemia. Bisogna infatti porre attenzione non solo a cosa si può fare, ma anche a “cosa funzioni”. Infatti è ancora difficile avere informazioni circa delle analisi di apprendimento comparato tra quello che è l’ambiente tradizionale del training e l’ambiente virtuale. Serve capire come le curve di apprendimento degli utenti evolvano, in moto tale da poter valutare questi approcci anche per la loro efficacia.
Da ultimo riprende la parola a Paola Liberace, per fare un po’ di ordine rispetto a cosa si può fare e cosa è utile? Si è visto come nel periodo di pandemia, le aziende hanno dovuto fare un passo indietro rispetto ai modelli che si stavano radicando di corsi online a catalogo da una parte e coaching dedicato dall’altra. Serve infatti focalizzarsi su tecniche di smart training, che non significa tecnologicamente avanzata, bensì intelligente, capace di attivare leve opportune ed efficaci. Le ultime battute ritornano a Stefano Butti e Mauro Paretti, che danno la loro opinione sull’utilizzo dei dati nelle reti di assistenza tecnica per quanto riguarda aspetti formativi e ostacoli da superare. Butti sottolinea come un prodotto digitale richieda delle competenze, sia di tipo digitale che tecnico sul prodotto e di analisi dati, ma non significa che le uniche competenze richieste siano quelle di data scientist, infatti una delle capacità essenziali dell’azienda è quella di sapersi organizzare e di organizzare la conoscenza e le informazioni già presenti in essa. Paretti sottolinea poi la necessità di definire anche delle diverse logiche di accesso ai dati per i diversi attori che ne potrebbero aver bisogno. Non è da dimenticare, infatti, la presenza di un network complesso a supporto dei servizi di un’azienda, e lo sviluppo sempre più diffuso dei modelli di freelancing legati alla GIG economy. In questo contesto la piattaforma deve essere la fonte di verità che cattura e diffonde le informazioni nello stesso modo, soprattutto ai tecnici sul campo, dell’azienda, di partner, o di terze parti, ma sono loro che rappresentano la prima linea di confronto con il cliente.
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