di Michela Del Pizzo
“Scaffali vuoti? Vendite perse e clienti insoddisfatti. Il coraggio di chi OSA” è il titolo del convegno organizzato a Milano da GS1 Italy in ambito ECR Italia, durante il quale sono stati evidenziati i vantaggi dell'On Shelf Availability (OSA), ribattezzato da ECR Italy “Optimal Shelf Availability”. Al di là delle interpretazioni, l'OSA è per la GDO l'indicatore chiave per misurare il livello di servizio al consumatore, attraverso la disponibilità dei prodotti a scaffale per l'acquirente secondo l'assortimento programmato, continuativo o promozionale.
L'OSA è pertanto lo strumento ideale per evitare situazioni di Out of Stock (OOS) presso i punti vendita, spesso cause di mancata vendita per il retailer: «Nel 2015, sono state stimate a 700 milioni di euro le vendite perse per mancanza di prodotti a scaffale. Si tratta di vendite non portate a termine per rinuncia all'acquisto da parte del consumatore a causa dell'incapacità di soddisfare le sue esigenze», afferma in apertura del convegno il CEO di GS1 Italy Bruno Aceto.
Dati alla mano, Aceto prosegue descrivendo una grande distribuzione oggi leggermente più sensibile al tema dell'out of stock: «Nel 2015 il 3,7% dei prodotti di largo consumo confezionato sono andati in out of stock (erano il 4% nel 2014) e le vendite perse sono del 4,7% (5% nel 2014). Il miglioramento rispetto all’anno precedente denota certo una maggiore attenzione a contenere le rotture di stock ma soprattutto l’efficacia delle azioni correttive messe in atto dalla filiera, che hanno consentito di “non perdere” vendite per circa 134 milioni di euro».
I dati provengono dal Barometro OSA di ECR Italia che, in collaborazione con IRI, analizza ogni mese i dati di vendita di oltre 2.300 punti vendita della GDO sul territorio nazionale e misura l’out of stock e le vendite perse nel mondo del largo consumo fino al dettaglio della singola categoria merceologica. Il Barometro è lo strumento di misurazione continua e aggettiva del fenomeno su cui le aziende e la filiera possono basare il perfezionamento e la valutazione dei processi di gestione delle rotture di stock messi a punto in ambito ECR Italia e applicati dalle imprese.
La misurazione dunque è il presupposto per un approccio di sistema al problema della disponibilità dei prodotti, perché l'out of stock non riguarda semplicemente il miglioramento delle fasi di approvvigionamento e, più in generale, dei processi logistici. «Nell’attuale contesto di mercati stagnanti – prosegue Aceto – recuperare efficienza riducendo il fenomeno delle rotture di stock è diventata una esigenza primaria per le aziende del largo consumo. OSA non è una questione squisitamente logistica, come è stata considerata per molto tempo, ma ha ricadute importanti sul piano commerciale, sui risultati di vendita e sulla soddisfazione dei clienti e merita di essere affrontato in ottica strategica e collaborativa da industria e distribuzione».
Osare per soddisfare il consumatore
Abbiamo detto che la mancanza di un prodotto a scaffale, sia esso continuativo o promozionale, rappresenta in ogni caso un disservizio nei confronti del consumatore, come spiega Marco Colombo, solutions & innovation director di IRI, che si è domandato quale sia la reazione dell'acquirente di fronte alla non disponibilità del prodotto e quali siano le conseguenze per produttore e distributore. Secondo l’analisi fatta da ECR Italia in collaborazione con IRI, la prima reazione dello shopper davanti allo scaffale dove manca il prodotto che cerca è un effettivo senso di fastidio: oltre 1 acquirente su 2 dichiara di essere infastidito dall’out of stock e ben il 25% registra un impatto decisamente sgradevole.
6 clienti su 10 realizzano comunque un acquisto per sostituire il prodotto non trovato, limitando quindi la probabilità di vendite perse per il retailer a circa il 35% degli acquirenti. Per l’industria, invece, aggiungendo il brand switching nella categoria (23%), la sostituzione con altra categoria (25%) e l’acquisto cancellato (25%), il potenziale di rischio di vendite perse cresce virtualmente al 73% degli shopper.
Secondo Marco Colombo, produttori e distributori hanno progressivamente spostato l’attenzione da un livello di servizio del negozio a un livello di servizio per il consumatore. Agli occhi del consumatore infatti, il diretto responsabile della mancanza di prodotti a scaffale è il retailer che o non è in grado di riassortire velocemente l'offerta oppure non ha un livello di stock adeguato alla richiesta del mercato.
Anche Colin Peacock, shrink & OSA group strategy coordinator di ECR Community in Europe, si è dichiarato certo che la disponibilità a scaffale diventerà una priorità crescente, soprattutto per i retailer omnichannel. Peacock ha suggerito che affrontare la gestione della disponibilità a scaffale come un problema di qualità potrebbe portare indiscussi benefici alle aziende. È una continua ricerca del giusto equilibrio: a volte può risultare più corretto vendere di più e perdere di più, o anche, investire maggiormente sui collaboratori a punto vendita e su un elevato livello di servizio al cliente.
Per ottenere questo sottile equilibrio, ciascun retailer dovrebbe concentrarsi su alcuni aspetti fondamentali: adottare una strategia di vendita condivisa, che tenga conto delle esigenze di ciascun punto vendita, in base al tipo di clientela e alle categorie merceologiche offerte, senza dimenticare le altre fasi della supply chain, quindi produttori e fornitori.
Dalla teoria alla pratica
Nella parte finale del convegno, sono state presentate due importanti testimonianze del mondo del largo consumo. La prima è quella di Dimar, insegna del gruppo Selex operante nell’ambito della distribuzione organizzata italiana nell’area del nord-ovest, che volendo ridurre l'out of stock presso gli 80 punti vendita ha adottato il Barometro ECR per effettuare rilevazioni strutturate e continuative sul fenomeno da confrontare con i dati aziendali: si tratta di un primo esempio diretto dell’utilizzo del Barometro come benchmark di mercato.
Il progetto, partito a marzo 2015, ha coinvolto inizialmente solo quattro punti vendita, dove è stata rivista l'intera organizzazione del ciclo di riassortimento e messa a scaffale dei prodotti: i primi risultati parlano di un aumento di fatturato del 20%, ottenuto nel solo primo anno di adozione del Barometro. Visti i risultata, la direzione ha deciso di estendere il progetto ai restanti negozi facenti parte del network Dimar.
Infine, Giorgio Compostella, key customer logistic senior manager di Coca-Cola HBC Italy, ha presentato i progetti attivati dall’azienda industriale per facilitare l’inserimento a scaffale dei prodotti, dopo aver quantificato a circa un miliardo di dollari le perdite derivanti dalla mancata disponibilità dei propri prodotti a scaffale. Il Gruppo Coca-Cola HBC ha attivato un team di lavoro trasversale, inglobando tutte le funzioni aziendali (dagli acquisti al finance, dalla supply chain alle vendite), innanzitutto per individuare in quali punti della catena si generasse l'out of stock (nel punto vendita per il 90-93% dei casi) e adottare le azioni necessarie per allineare le richieste di produzione e distribuzione anche in base all'OSA, calcolato grazie al sistema statistico OSA Flags, che segnala l'indisponibilità parziale o totale del prodotto.
Inoltre, il sistema lavora su tre livelli: vendite attese, classi di prodotto e definizione delle soglie di vendita. Il flusso dati prevede l'invio giornaliero da parte del retailer dei dati di stock e sell out a Coca Cola HBC che li elabora, generando così dei report che vengono dati alla forza vendita per equilibrare la disponibilità dei prodotti in base alle esigenze del singolo punto vendita.