30-01-2024
Secondo il Centro Studi di Confartigianato, l’allargamento al Mar Rosso della crisi in Medio Oriente potrebbe aggravare la flessione del commercio internazionale, mettendo a rischio una quota rilevante dell’import-export dell’Italia. A fronte di attacchi mercantili nel Mar Rosso di un gruppo di ribelli yemeniti sta attaccando navi mercantili, principalmente quelle dirette verso Israele, dallo scorso 9 gennaio una coalizione internazionale guidata da Stati Uniti e Regno Unito ha avviato interventi di contrasto agli attacchi alle navi, colpendo droni e obiettivi sulla costa dello Yemen.
Tale tensione determina conseguenze sul commercio marittimo internazionale in transito per il Canale di Suez, che potrebbe compromettere la ripresa del commercio internazionale che era prevista nel 2024. Nei primi dieci mesi del 2023, Confartigianato dichiara che il volume del commercio internazionale è sceso del 2,2% su base annua, un ampio segno negativo che da inizio secolo si è registrato solo nel 2020 con la pandemia e nel 2009 con la crisi innescata dai mutui subprime. Il calo dell’interscambio commerciale mondiale ha ripercussioni pesanti sulle vendite del made in Italy: dall’esame dei dati pubblicati stamane dall’Istat, a novembre il volume dell’export scende del 6,4% rispetto un anno fa e nei primi undici mesi del 2023 il calo è del 4,6%.
Secondo il Kiel Institute for the World Economy, istituto di ricerca tedesco specializzato sui temi della globalizzazione, a dicembre il volume dei container spediti attraverso il Mar Rosso si è ridotto del 66% rispetto al volume normalmente previsto (media dal 2017 al 2019). Per l’Italia si stima che il valore dell’import-export annuale che transita per il Canale di Suez proveniente dai paesi del Medio Oriente, dall’Asia, dall’Oceania e dai paesi del Sud-Est dell’Africa nel 2023 (ultimi dodici mesi a settembre) sia pari a 148,1 miliardi di euro, di cui 93,1 miliardi di euro di importazioni e 55,0 miliardi di esportazioni, che rappresenta il 42,7% del commercio estero dell’Italia trasportato per mare e l’11,9% del commercio estero totale dell’Italia. Nel dettaglio si tratta del 15,2% delle importazioni totali e dell’8,7% delle esportazioni totali. I paesi maggiormente interessati per valore dell’intercambio commerciale via nave con Italia sono Cina, India, Arabia Saudita, Giappone, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Iraq, Indonesia.
“L’escalation della crisi in Medio Oriente – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – penalizza il sistema del made in Italy e l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura italiana, aggravando la frenata del commercio internazionale. Gli effetti della crisi del Mar Rosso, sommati alla stretta monetaria in corso e alla riattivazione delle regole europee di bilancio, potrebbero avere conseguenze sulla crescita, riducendo la fiducia e la propensione ad investire delle imprese e frenando il ciclo espansivo dell’occupazione che nell’ultimo anno ha registrato un aumento di oltre mezzo milione (+551mila) di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Il rischio è che l’approccio ‘attendista’ delle imprese, che ancora sorregge la seppur flebile fiducia, possa degenerare in recessione”.
In chiave regionale (cfr immagine sotto), dall'analisi di Confartigianato emerge che il valore delle esportazioni trasportate via mare attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso risulta più elevata in Lombardia, dove è pari a 12.919 milioni di euro, seguita da Emilia-Romagna con 9.371 milioni di euro, Veneto con 5.752 milioni di euro, Toscana con 4.743 milioni di euro, Piemonte con 4.148 milioni di euro e Friuli-Venezia Giulia con 2.004 milioni di euro. La maggiore esposizione regionale alla crisi di Suez – con l’export regionale trasportato via mare attraverso il Canale di Suez che in rapporto al PIL è superiore o uguale alla media nazionale del 2,8% – si osserva in Emilia-Romagna con 5,3% del PIL, seguito da Friuli-Venezia Giulia con 4,7%, Toscana con 3,7%, Veneto con 3,2%, Lombardia con 2,9% e Piemonte con 2,8%.
Tale tensione determina conseguenze sul commercio marittimo internazionale in transito per il Canale di Suez, che potrebbe compromettere la ripresa del commercio internazionale che era prevista nel 2024. Nei primi dieci mesi del 2023, Confartigianato dichiara che il volume del commercio internazionale è sceso del 2,2% su base annua, un ampio segno negativo che da inizio secolo si è registrato solo nel 2020 con la pandemia e nel 2009 con la crisi innescata dai mutui subprime. Il calo dell’interscambio commerciale mondiale ha ripercussioni pesanti sulle vendite del made in Italy: dall’esame dei dati pubblicati stamane dall’Istat, a novembre il volume dell’export scende del 6,4% rispetto un anno fa e nei primi undici mesi del 2023 il calo è del 4,6%.
Secondo il Kiel Institute for the World Economy, istituto di ricerca tedesco specializzato sui temi della globalizzazione, a dicembre il volume dei container spediti attraverso il Mar Rosso si è ridotto del 66% rispetto al volume normalmente previsto (media dal 2017 al 2019). Per l’Italia si stima che il valore dell’import-export annuale che transita per il Canale di Suez proveniente dai paesi del Medio Oriente, dall’Asia, dall’Oceania e dai paesi del Sud-Est dell’Africa nel 2023 (ultimi dodici mesi a settembre) sia pari a 148,1 miliardi di euro, di cui 93,1 miliardi di euro di importazioni e 55,0 miliardi di esportazioni, che rappresenta il 42,7% del commercio estero dell’Italia trasportato per mare e l’11,9% del commercio estero totale dell’Italia. Nel dettaglio si tratta del 15,2% delle importazioni totali e dell’8,7% delle esportazioni totali. I paesi maggiormente interessati per valore dell’intercambio commerciale via nave con Italia sono Cina, India, Arabia Saudita, Giappone, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Iraq, Indonesia.
“L’escalation della crisi in Medio Oriente – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – penalizza il sistema del made in Italy e l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura italiana, aggravando la frenata del commercio internazionale. Gli effetti della crisi del Mar Rosso, sommati alla stretta monetaria in corso e alla riattivazione delle regole europee di bilancio, potrebbero avere conseguenze sulla crescita, riducendo la fiducia e la propensione ad investire delle imprese e frenando il ciclo espansivo dell’occupazione che nell’ultimo anno ha registrato un aumento di oltre mezzo milione (+551mila) di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Il rischio è che l’approccio ‘attendista’ delle imprese, che ancora sorregge la seppur flebile fiducia, possa degenerare in recessione”.
In chiave regionale (cfr immagine sotto), dall'analisi di Confartigianato emerge che il valore delle esportazioni trasportate via mare attraverso il Canale di Suez e il Mar Rosso risulta più elevata in Lombardia, dove è pari a 12.919 milioni di euro, seguita da Emilia-Romagna con 9.371 milioni di euro, Veneto con 5.752 milioni di euro, Toscana con 4.743 milioni di euro, Piemonte con 4.148 milioni di euro e Friuli-Venezia Giulia con 2.004 milioni di euro. La maggiore esposizione regionale alla crisi di Suez – con l’export regionale trasportato via mare attraverso il Canale di Suez che in rapporto al PIL è superiore o uguale alla media nazionale del 2,8% – si osserva in Emilia-Romagna con 5,3% del PIL, seguito da Friuli-Venezia Giulia con 4,7%, Toscana con 3,7%, Veneto con 3,2%, Lombardia con 2,9% e Piemonte con 2,8%.

IL CASO DELLA FILIERA DELLE CONSERVE ROSSE
L’allarme per la crisi geo-politica nell’area del Mar Rosso sta agitando diversi mercati, tra cui quello dell’agroalimentare. Non fa eccezione il comparto delle conserve rosse che da sempre risulta essere fortemente export oriented, con circa il 60% delle produzioni destinato a oltrepassare i confini nazionali. Molti tra i principali mercati di riferimento sono proprio in Asia e in Oceania: parliamo di circa 380 milioni di euro di esportazioni (il 13,5% del totale dell’export). Per questo le tensioni nel canale di Suez rischiano di incidere molto seriamente sui flussi commerciali, in particolare a causa dell’aumento del costo dei noli.
“La forte incertezza che segna lo scenario geo-politico globale ci preoccupa. – dichiara Giovanni de Angelis, Direttore Generale di ANICAV – Quanto sta accadendo nel canale di Suez rischia di avere un forte impatto sull’export dei nostri prodotti. I mercati di Asia e Oceania, penso in particolare a Giappone e Australia ma anche a molti altri Paesi, rappresentano uno sbocco commerciale fondamentale. L’aumento del costo dei noli, generato dal contesto, va monitorato con grande attenzione perché potrebbe incidere sulla competitività delle nostre aziende all’estero. Tra l’altro, a causa di questa situazione e della ridotta disponibilità di navi e containers, stiamo subendo disagi anche su altre rotte con un conseguente aumento dei costi dei noli. A questo si aggiunga anche l’impatto sugli approvvigionamenti di materia prima e semilavorati – principalmente packaging metallico – che arrivano sostanzialmente dal Far East”.
Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato complessivo (2023) di 5 miliardi di euro (3,5 miliardi generati dalle aziende associate ad ANICAV), riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto. L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli USA e la Cina, resta primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 12,2% della produzione mondiale (pari a 44,2 milioni di tonnellate) e il 52% del trasformato europeo.
L’allarme per la crisi geo-politica nell’area del Mar Rosso sta agitando diversi mercati, tra cui quello dell’agroalimentare. Non fa eccezione il comparto delle conserve rosse che da sempre risulta essere fortemente export oriented, con circa il 60% delle produzioni destinato a oltrepassare i confini nazionali. Molti tra i principali mercati di riferimento sono proprio in Asia e in Oceania: parliamo di circa 380 milioni di euro di esportazioni (il 13,5% del totale dell’export). Per questo le tensioni nel canale di Suez rischiano di incidere molto seriamente sui flussi commerciali, in particolare a causa dell’aumento del costo dei noli.
“La forte incertezza che segna lo scenario geo-politico globale ci preoccupa. – dichiara Giovanni de Angelis, Direttore Generale di ANICAV – Quanto sta accadendo nel canale di Suez rischia di avere un forte impatto sull’export dei nostri prodotti. I mercati di Asia e Oceania, penso in particolare a Giappone e Australia ma anche a molti altri Paesi, rappresentano uno sbocco commerciale fondamentale. L’aumento del costo dei noli, generato dal contesto, va monitorato con grande attenzione perché potrebbe incidere sulla competitività delle nostre aziende all’estero. Tra l’altro, a causa di questa situazione e della ridotta disponibilità di navi e containers, stiamo subendo disagi anche su altre rotte con un conseguente aumento dei costi dei noli. A questo si aggiunga anche l’impatto sugli approvvigionamenti di materia prima e semilavorati – principalmente packaging metallico – che arrivano sostanzialmente dal Far East”.
Quella del pomodoro da industria rappresenta la più importante filiera italiana dell’ortofrutta trasformata e, con un fatturato complessivo (2023) di 5 miliardi di euro (3,5 miliardi generati dalle aziende associate ad ANICAV), riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale impiegando circa 10.000 lavoratori fissi e oltre 25.000 lavoratori stagionali, cui si aggiunge la manodopera impegnata nell’indotto. L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli USA e la Cina, resta primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale, rappresenta il 12,2% della produzione mondiale (pari a 44,2 milioni di tonnellate) e il 52% del trasformato europeo.