Chi non conosce Benetton? Da alcune decine di anni questo marchio fa parte delle nostre vite, non solo per i prodotti di abbigliamento, ma anche per la sua sapiente formula composta da moda, architettura, immagine, fotografia e costume, che è penetrata in profondità nel nostro immaginario. Ma i tempi cambiano e anche la moda è stata investita da nuovi fenomeni, dalla globalizzazione al fast fashion. Tendenze dalle quali anche lo storico marchio italiano ha imparato nuovi metodi, e con questi si prepara ad entrare ancora di più nelle nostre vite, con una proposta che vuole conservare il buono del passato – dall’interesse per una produzione di qualità, all’ampiezza della gamma - coniugandolo con ciò che il mercato di oggi richiede, o meglio pretende.
Per tradurre tutto questo in realtà, tutta l’azienda, e in particolare la sua gestione della supply chain, si sta via via trasformando. Ce ne parla, con l’efficacia che tanti di noi conoscono e apprezzano, Daniele Fregnan, che dal 2010 ricopre il ruolo di responsabile della logistica per il Gruppo Benetton.
Logistica Management: Cominciamo, come di consueto, con l’azienda, e con l’evoluzione che state attualmente vivendo.
Daniele Fregnan: Dal lontano 1965, anno della sua nascita, Benetton ha operato per diversi decenni con un modello commerciale tanto semplice quanto efficace, visti anche i risultati che ha generato. La produzione era totalmente interna, e la distribuzione affidata totalmente ad agenti e negozianti: in breve, 100% industrializzato, 100% wholesale. Il primo termine si riferisce alla distinzione fra “industrializzato” e “commercializzato” che vige nel settore fashion. Nel primo caso il prodotto viene realizzato in fabbriche di proprietà. Nel secondo invece il capo è prodotto in outsourcing, e quindi acquistato da fornitori terzi. Oggi, la quota di prodotto commercializzato è oltre il 50% sul totale; i fornitori sono ubicati principalmente in Asia, in Paesi come Cina, Cambogia, Bangladesh, Vietnam, India e così via. La parte rimanente è di industrializzato, in siti produttivi situati in vari Paesi dell’Est Europa, come Romania, Croazia e Serbia, e soprattutto in Tunisia, dove Benetton è il primo datore di lavoro in assoluto, con circa 15mila dipendenti nella filiera e una capacità produttiva che copre circa un quarto del totale. Da notare che, anche per la quota commercializzata, è Benetton che detiene la fase di creazione e sostanzialmente governa la produzione presso le fabbriche dei propri fornitori. Oggi si sta considerando in questo ambito anche la parte che chiamiamo “picking”, ovvero l’acquisto dal fornitore di ciò che lui ha già disegnato e pianificato. Alcuni fornitori infatti sono sempre più grandi e competenti, e forniscono servizi sempre più a largo spettro. Per una porzione di prodotti, può risultare conveniente acquistarli già pronti dal fornitore: in questo modo si riduce notevolmente il time to market, oltre ad introdurre nelle collezioni continui elementi di novità.
LM: Quello di cui parliamo però è sempre prodotto finito: nel vostro magazzino entrano soltanto abiti, siano essi prodotti da voi oppure comprati da altri. Non materie prime. Perché?
DF: Perché l’anno scorso Benetton ha completato un processo di segmentazione societaria, scorporando la produzione, che oggi fa capo alla società Olimpias, oltre all’immobiliare. Olimpias è una sister company, sempre parte della galassia Benetton e dipendente dalla holding Edizione; si occupa solo di produzione, e tendenzialmente, non solo per Benetton. In pratica, Benetton Group Srl è diventata una pura azienda commerciale; al suo interno annovera anche la logistica e l’IT. All’interno della propria filiera, oggi è quindi Olimpias a gestire materie prime e semilavorati, ancorché mediante servizi logistici in gran parte forniti da noi in qualità logistics provider, quali in effetti siamo (doppia procedura domiciliata, agenti IATA, magazzino doganale, magazzino IVA, certificati AEOF). Ogni anno infatti gestiamo 120 milioni di capi, destinati a 5500 negozi, diffusi in oltre cento Paesi al mondo.
LM: Torniamo ancora all’evoluzione del modello commerciale. Come veniva gestito lo stock, in passato, e come si gestisce oggi?
DF: Il modello “100% industrializzato, 100% wholesale”, era interamente make to order: quindi si produceva solo in base agli ordini dei clienti, con una quota irrisoria di stock di sicurezza. Nel modello tradizionale, Benetton disegnava la propria collezione, e la proponeva a clienti e agenzie per raccogliere gli ordini, che venivano poi consolidati e inviati alla produzione. Tutta la produzione aveva già un cliente che l’attendeva, tutta la merce ricevuta veniva ridistribuita per cliente, ordine per ordine, e conseguentemente fatturata.
Oggi, questo modello - che io definisco geniale, nella sua semplicità - è giocoforza in forte revisione. Il primo e più evidente elemento di novità è quello della multicanalità: non ci rivolgiamo più solo alla distribuzione wholesale, ma anche a catene di negozi di nostra proprietà (retail), a quelle del canale franchising, e anche al canale e-commerce. Inoltre, stiamo procedendo alla connessione di tutte le casse dei negozi per via informatica: un processo che ad oggi ha coinvolto circa mille casse, partendo dai negozi di proprietà, ma con l’obiettivo di vedere direttamente i movimenti di quasi tutti i negozi, nostri e altrui. Inoltre, per rendere più flessibile l’incontro fra domanda e offerta, abbiamo cominciato a inserire nel programma della distribuzione Benetton, anche il replenishment in piece picking. Quindi una quota piccola, ma in crescita, dei nostri volumi, deriva da un riordino automatico da parte nostra: vediamo che cosa manca al negozio, e lo inviamo, effettuando un picking molto tradizionale all’interno delle nostre strutture, che è andato a sovrapporsi all’automazione “disperata” dei nostri processi standard. Ma soprattutto, una volta la merce andava in vendita semplicemente quando era pronta. Oggi invece, in sede di produzione e pianificazione, ogni capo riceve una “data commerciale”, in pratica la data entro la quale deve essere messo in vendita: e quindi la logistica deve soddisfare questo obiettivo, che risulta prioritario rispetto a tutto il resto. La logistica deve individuare le consegne in base alla data commerciale, e organizzarsi di conseguenza in modo che le merci siano in negozio per tempo. Una data di scadenza per gli abiti, come se fossero alimentari freschi o farmaci: ormai è così.
E per questo ho più volte ringraziato la lunga esperienza che ho maturato nella GDO, prima di entrare in Benetton. È questo tipo di logistica, quella che ha potuto far nascere e supportare i nuovi modelli di fast fashion. Il dato di partenza non è più ciò che è pronto in produzione, ma la vendita in negozio: sapere ciò che è stato venduto, sapere ciò che deve essere consegnato. La produzione, dal canto suo, consegna gli ordini in forma di commessa o “job order”. All’approssimarsi della data di consegna da parte dei vendor, le commesse entrano in quella che abbiamo chiamato “freezing zone”, che non consente più di modificare i dati (se non generando costi imputabili). La logistica infatti deve muoversi con l’anticipo necessario per andare a ritirare quella merce nel giorno concordato, direttamente presso la fabbrica, oppure al porto di partenza della merce. La freezing date serve per evitare che i fornitori, per rispettare i contratti, dichiarino date di consegna che non riescono a rispettare, e la logistica si muova a vuoto. Questo parametro fisso è stata una delle modifiche che abbiamo inserito di recente, per limitare questi spazi di inefficienza.
LM: Come sono gestiti i trasporti?
DF: I capi prodotti in outsourcing arrivano principalmente via mare, e di questi, i tre quarti sbarcano nei porti liguri; se i volumi e la dimensione delle navi lo consentono, passiamo anche per Venezia o Trieste, sia per l’inbound che per l’outbound. Da sottolineare che Benetton agisce come un vero e proprio forwarder per i propri prodotti, ed essendo anche agente IATA, gestisce direttamente il rapporto con la compagnia navale e anche con quella aerea. L’aereo viene utilizzato, ad oggi – ma ricordiamo che siamo in una fase di transizione – principalmente per i trasporti inbound; per il futuro però, intendiamo fare il contrario, ridurre per quanto possibile l’inbound aereo, e potenziare l’outbound. Il tutto va comunque valutato in un contesto di time to market complessivo, dove se si rallenta da una parte, bisognerà accelerare dall’altra. Per quanto riguarda i trasporti via terra, pur avendo accordi e contratti specifici con i nostri fornitori, teniamo sempre d’occhio il mercato in cerca di nuove proposte. Per esempio siamo stati fra i primi a usare il treno per importare la merce dalla Cina, lungo la rotta transiberiana fino alla Polonia. E di nuovo siamo stati tra i primi nel fashion ad utilizzare il percorso dalla Cina al porto di Vladisvostok, quale POE (port of entry) lungo la costa orientale della Russia, per la parte di produzione asiatica destinata alla Russia. Il risparmio di chilometri e quindi di tempo è veramente ragguardevole, per le destinazioni interne alla Russia o al continente asiatico. Fra i sistemi che utilizziamo per cercare ogni giorno la miglior soluzione di trasporto, vi è anche il portale TiContract, che ci consente di avanzare aste suddivise per i vari servizi, alle quali il mercato risponde in tempo reale: e questo ci consente di rimanere sempre allineati all’offerta, a fronte di quella che è la nostra domanda. Strettamente collegato alla gestione import/export vi è un aspetto che molti ancora sottovalutano, ma che per noi è assolutamente prioritario: quello della gestione doganale.
Benetton infatti dispone di magazzino doganale, con deposito Iva e doppia procedura certificata, ed è certificata AEO Full, quindi accede a procedure doganali semplificate, che snelliscono e facilitano tutti i processi logistici in modo consistente. I nostri prodotti non si fermano mai, in porto o in aeroporto: arrivano direttamente qui, accompagnati dal documento T1, senza necessità di ulteriori controlli grazie al nostro status certificato dalle Dogane. Non mi stancherò mai di dire che un flusso doganale gestito in questo modo può dare, a qualsiasi azienda, un grosso contributo in termini finanziari e commerciali: più velocità e minore time to market, quindi accesso più efficiente ai mercati di riferimento.
LM: Come si presenta in sintesi la logistica interna, dallo smistamento, allo stoccaggio, alla distribuzione?
DF: Mentre il trasporto è gestito in modo terziarizzato – ancorché sotto rigoroso controllo da parte nostra - la logistica è tutta interna, supportata da un impianto automatico che ha anch’esso una sua storia. Il nostro magazzino automatico è figlio di una visione assolutamente d’avanguardia della famiglia Benetton. Nella sua prima release, ha visto la luce negli anni ottanta, in deciso anticipo sui tempi: e anche per questo aveva molti difetti, era lento, inefficiente. Si trattava in sostanza di un impianto pensato per movimentare carrozzerie di automobili, adattato agli abiti. Ma l’impatto era notevole: dico spesso che secondo me era più efficace come strumento di marketing, che non di logistica. L’attuale impianto automatico, firmato System Logistics, è servito da 46 trasloelevatori di ultima generazione alti 20,5 metri, per un quarto interrati, ed è alimentato da un tunnel sotterraneo, che arriva direttamente dall’area di inbound e pick&packing. Nell’area ingresso, si ricevono i colli di merce prodotta in tutto il mondo; i colli vengono smistati con l’ausilio dei sorter automatici, e con il sistema pick&packing vengono ricreati nuovi colli, corrispondenti agli ordini emessi dai clienti.
I colli pronti scorrono lungo il tunnel sotterraneo ed entrano nel magazzino automatico, per poi scorrere, su un apposito sorter, direttamente alle bocche di carico dentro ai veicoli all’uscita. Ogni scatola infatti è già identificata in area sorting, con un’etichetta che riporta cliente e destinazione finale. È un cross docking pressoché completo, basato sul collo come unità di carico, di misure diverse a seconda del contenuto: si va dalla scatola alta 10 cm, fino al bauletto alto 165 cm per capi appesi. Tutto ciò che entra sono colli (anche se una discreta parte dell’import asiatico è movimentata su pallet per agevolare gli scarichi dai container) e tutto ciò che esce sono colli. Tutto il sito di Castrette, oggi occupato dalla logistica, era in origine area destinata alla produzione: per questo ha questo aspetto piuttosto diverso da quello di un magazzino tradizionale. Ma non somiglia neppure a una fabbrica tradizionale.
L’amore per il verde e l’attenzione alla bellezza architettonica fanno da sempre parte della cultura Benetton. E con questi principi è stato costruito questo sito, da cui oggi transita il 95% della produzione Benetton, diretta a tutti i clienti finali nel mondo. L’Italia, con il 40% del mercato, e Supply l’Europa con l’85%, spiegano infatti la volontà di mantenere l’hub logistico centrale presso la sede di Treviso. C’è un secondo sito logistico a Shenzhen, da cui parte una quota di spedizioni dirette negli Usa, in Giappone o a Taiwan. Ma la gestione è sempre centralizzata presso di noi: ogni spedizione infatti è neutra dal punto di vista informatico, sia essa in Cina o a Treviso. L’impianto automatico, infine, viene gestito da due punti di vista diversi. Uno, legato alla distribuzione: non appena il collo viene letto all’ingresso, e inviato nell’impianto di smistamento, questo diventa visibile alla squadra che gestisce la distribuzione. Da quando il collo entra nell’impianto, le operatrici sanno che possono disporne per spedirlo; loro sanno che cosa contiene ogni collo in ingresso, le date di commercializzazione, la destinazione finale. E attivano di conseguenza tutte le spedizioni. Il secondo, è legato al controllo dello stesso impianto e alla sua manutenzione preventiva. È una control tower sotterranea, adiacente all’impianto, da cui si effettua il monitoraggio costante dell’intero sistema, da tutti i punti di vista: dal pronto intervento in caso di guasto, alle attività di manutenzione preventiva. Nella sala coesistono la vecchia, affascinante pulsantiera del vecchio sistema, e i vari monitor di quello nuovo, concepito per lavorare sempre, ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette.
LM: Vediamo più in dettaglio i flussi logistici, a partire dall’inbound, fino all’uscita dal magazzino automatico.
DF: Nell’area del magazzino di entrata viene depositata la merce sia di tipo commercializzato che di quello industrializzato, dove la gestione dello stock viene finalizzata all’alimentazione dei Sorter automatizzati, aventi il compito di ottimizzare la composizione dei colli finali; si tratta di una struttura priva di pilastri, nella quale lo stock di alimentazione dei sorter è di pochi giorni di lavorazione, con ulteriore obbiettivo di riduzione. I sorter sono quattro, di cui uno dedicato ai capi appesi. Il software di gestione, di nostra concezione, consente di integrare tutti i job order presenti nello stock, con i dati di spedizione ai clienti in base ai loro ordini e, prima ancora, in base alla data di commercializzazione. All’ingresso delle linee, il nostro personale versa il contenuto di colli e ceste sul nastro trasportatore, che scorre a una velocità di due metri al secondo. Viene effettuata all’inizio la lettura del capo e relativo job order, quindi ogni capo scende lungo le centinaia di postazioni di picking, dove il prelievo avviene in base all’accensione delle luci (pick to light). L’alimentazione è quindi la penultima operazione manuale sul capo; l’ultima è il prelievo alla stazione pick to light, dove la macchina indica il tipo di cartone, invia l’ordine di stampa alla stampante per l’etichetta collo, e segnala con un’altra luce che il riempimento della scatola è completo. L’operatore quindi riempie il cartone e appoggia la scatola pronta sul conveyor diretto al magazzino, dove viene chiusa da apposite macchine nastratrici con il tape doganale antieffrazione; il conveyor gira intorno all’impianto, e si tuffa sottoterra. Il tunnel sotterraneo va ad alimentare il magazzino automatico, che ospita tutti i colli pronti per la spedizione, finché non è pronta anche l’area di uscita con il mezzo di trasporto prenotato per ciascuna spedizione. Per raggiungere la quale l’impianto preleva i colli dal magazzino e li posiziona su un sorter destinato all’uscita, che ospita tutti i colli, anche i bauletti con i capi appesi che, in questa sola occasione, vengono sdraiati, molto dolcemente, grazie ad un meccanismo pensato appositamente per questa operazione.
LM: Siamo infine ai gate di uscita. Come sono organizzati?
DF: Al di fuori delle bocche di carico attendono i veicoli del trasporto primario, che arriveranno alla loro destinazione per larga maggioranza a carico completo. Normalmente raggiungono varie tipologie di punti di smistamento da cui una rete di distributori gestita in outsourcing, suddivide le consegne per rifornire i negozi (distribuzione secondaria). Nell’area di uscita troviamo innanzitutto la sezione air cargo, con macchina per la scansione radiogena, e pianali dedicati per il carico sugli aerei. Nel caso dei veicoli, invece, il sorter d’uscita si suddivide nelle varie baie, dove il veicolo attende di essere riempito. Come dicevo noi instauriamo rapporti molto solidi e continuativi con i nostri trasportatori, ma in ogni caso schediamo ogni veicolo nel nostro database, misurando esattamente le dimensioni di ciascun mezzo. Quando dobbiamo caricare un veicolo, sappiamo esattamente, al centimetro cubo qual è il volume che si può riempire; la macchina automatica quindi calcola esattamente il volume che può erogare, per saturare tutto lo spazio disponibile. Siamo fortissimamente competitivi in termini di fill rate: sia dei capi all’interno dei singoli colli, sia dei colli all’interno degli automezzi, come se giocassimo continuamente ad un “Tetris” di colli, per saturare tutto lo spazio disponibile su qualsiasi tipo di veicolo, dal pavimento, fino al soffitto. Detto questo, visto che ci vuole il suo tempo per caricare il veicolo in questo modo, l’autista arriva solo quando il lavoro è già stato fatto: i veicoli, o i container, sono per lo più già a nostra disposizione per il riempimento, in modo che l’autista non debba perdere tempo prezioso. Benetton infatti da sempre ha la massima considerazione della fase di trasporto e fa parte della sua cultura cercare di ottimizzare il più possibile questa attività. Quello che abbiamo cercato di fare in più, negli ultimi anni, è stato estendere questa ottimizzazione all’intera filiera, end to end, da tutti i vendor nel mondo, a tutti i clienti nel mondo.
LM: Come riesce a dirigere un’attività di così ampia portata?
DF: Non certo da solo. Chiaramente non si tratta di trovare in un’unica persona tutte le competenze necessarie, ma di saper mettere insieme una squadra in grado di agire in modo coordinato, su tanti fronti diversi. La mia principale abilità è quella di far capire bene gli obiettivi e di mettere insieme una squadra, composta da veri specialisti, in grado di raggiungerli pienamente. C’è poi un contributo sostanziale e abilitante fornito dalla tecnologia. Per accedere ad una gestione della supply chain completa, end to end, è stato necessario cercare uno strumento informatico in grado di tradurre in pratica la nostra idea di supply chain. Abbiamo quindi trovato in Tesisquare un partner che, forte delle competenze sulla costruzione di piattaforme collaborative e di filiera, ha saputo rispondere a questa richiesta, con una soluzione di visibilità lungo tutta la supply chain che è stata realizzata e adattata in base alle specifiche espresse dall’azienda. La soluzione, denominata Control Tower End-to-End Visibility, consente di gestire la supply chain da un unico punto di visibilità, integrando quindi la prospettiva a monte (la fornitura), con quella a valle, verso clienti e punti vendita. Da questa finestra centrale possiamo accedere a tutte le informazioni, sia quelle relative ai flussi in entrata, sia quelle relative ai flussi in uscita. Un sistema che consente non solo di visualizzare la situazione, le eventuali criticità e la necessità di scelte alternative, ma anche di metterle in pratica, grazie all’interfaccia diretta con i singoli gestionali. Uno strumento che consente a Benetton di gestire in modo fluido una supply chain molto complessa, implementando un approccio collaborativo che mette in evidenza la profonda interdipendenza fra le varie fasi del percorso e l’indispensabile contributo di ciascun attore.