01-02-2019
Il tema dell’economia circolare e dei suoi effetti anche sul mondo della logistica è stato al centro del convegno "Supply Chain e Reverse Logistics: L'ABC per costruire un sistema circolare", recentemente organizzato a Milano da Assologistica Cultura e Formazione, dove ABC sta per Allineare competenze, Brevettare soluzioni e Condividere dati e flussi. Dopo l’introduzione a cura di Luigi Terzi, presidente di Assologistica Cultura e Formazione, e l’inquadramento concettuale offerto da Ornella Giola e da Michele Merola, ricercatore del Centro GREEN Università Bocconi, hanno portato le loro testimonianze Tommaso De Luca, communication manager di Lucart Group, Paolo Guidi, direttore sales e marketing di Kuehne + Nagel, Giuseppe Luscia, ECR project manager di GS1 Italy, Angelo Mancuso, amministratore unico di Simpool, Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council, e Nicola Semeraro, presidente di Rilegno, evidenziando come il mondo della logistica e del supply chain management abbia cominciato da tempo a dare risposte a questi nuovi stimoli.
Questa è la definizione di economia circolare: “un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. Tale definizione proviene dall’impegno della Ellen MacArthur Foundation, realtà tra le più dinamiche nel promuovere questo modello di sviluppo, finanziata dalla velista Ellen MacArthur e sostenuta da colossi quali Google, Banca Intesa, H&M e Forum Economico Mondiale. L'economia circolare si lascia alle spalle secoli di economia lineare, fondata sull'estrazione massiva di nuove materie prime, consumi di massa e produzione di scarto destinato alle discariche. I suoi effetti negativi non sono solo quelli ambientali: oggi se ne vedono anche i limiti di tipo economico. È per questo che si parla di “economia circolare”: perché, dal rispetto dei principi della circolarità delle risorse, emergono nuovi vantaggi di tipo economico.
Quali sono questi principi? Innanzitutto, nelle economie circolari, i rifiuti di qualcuno diventano risorse per qualcun altro, diversamente che nelle economie lineari, nelle quali una volta terminato il consumo, finisce anche il ciclo del prodotto che quindi diventa rifiuto e va smaltito. Innanzitutto quindi la materia scartata diventa fonte di altra materia prima; il rifiuto si reintroduce nel ciclo produttivo, e le parole d'ordine diventano riciclo, riuso, rigenerazione.
Inoltre, si deve limitare lo spreco di prodotto, durante il suo ciclo di vita, aumentandone l’uso intelligente. A questo principio afferiscono i modelli di condivisione degli oggetti, che mettono l’accento sull’utilizzo dell’oggetto, rispetto al possesso (l’esempio più evidente è il car sharing). Infine, è necessario frenare la morte prematura dei prodotti nuovi, evitando di dismettere materia ancora sana: per intendersi qualcosa che è all'opposto dell'obsolescenza programmata.
In sintesi, l’economia circolare si basa sulla rivalorizzazione e su un modello in cui la competizione è basata sulla creazione del valore aggiunto dato dal servizio di un prodotto, e non solamente sul valore della sua vendita.
È evidente che per rispettare questi principi non è sufficiente intervenire alla fine della catena, quando i prodotti sono già diventati scarto, bensì è necessario intervenire fin dall’inizio, in sede di progettazione e produzione. Per questo, lo sviluppo dell'economia circolare comporterà una grande trasformazione industriale, in quanto i prodotti andranno concepiti e prodotti in vista di questo utilizzo successivo. L’economia circolare rappresenta oggi un importante volano di sviluppo economico, in grado di attrarre investimenti. Una prospettiva che oggi è già realtà, anche in Italia, come dimostrano diverse ricerche sul tema, fra cui quella di Ambiente Italia relativa al nostro Paese: secondo questo documento, oggi l’economia circolare genera in Italia 88 miliardi di fatturato, 22 miliardi di valore aggiunto (pari all’1,5% del valore aggiunto nazionale) e impiega oltre 575mila persone. Altro dato significativo è quello che emerge dal recente forum sulla sostenibilità organizzato da Il Sole 24 Ore: nel nostro Paese il 55% degli imballaggi viene riciclato, mentre a livello complessivo siamo al 50% di riciclo dei materiali. Il recupero dei rifiuti da imballo ha consentito un risparmio di 40 milioni di tonnellate di materia prima.
Si tratta di risultati di tutto rispetto e il tema merita attenzione anche da parte del mondo della logistica, la cui funzione è parte integrante del mondo economico-produttivo. Ma come si colloca il nostro settore nei confronti di un processo così importante per il futuro stesso del nostro pianeta (il riciclo comporta una riduzione di consumi energetici e idrici, nonché di emissioni atmosferiche e idriche) e dalle interessantissime ricadute economiche e sociali? Sono in molti a considerare l’economia circolare un potente driver di sviluppo economico nei prossimi decenni. La domanda di fondo espressa dall’incontro milanese era infatti: Come pensa di posizionarsi al riguardo la logistica? «La logistica deve raccogliere la sfida della sharing e circular economy: lo chiede il cliente finale sempre più connesso e abituato alla condivisione, lo chiede l’intero sistema che trova nella condivisione degli spazi e dei carichi una nuova strada di sviluppo e ottimizzazione delle risorse» risponde così Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council, riassumendo la sfida che attende oggi il mondo della logistica. «La condivisione intelligente di spazi (magazzini, piazzole di carico/scarico, banchine, terminali), di veicoli e carichi (piattaforme digitali di incontro della domanda e offerta, borsino noli) può avere sul nostro sistema logistico un effetto disruptive in grado di ottimizzare i flussi a fronte di investimenti sulla digitalizzazione della supply chain. Un cambiamento che non può essere più rimandato: già ci troviamo difronte a modelli collaudati, affermati dalla circular economy. I clienti, quelli finali, sono molto più avanti dei principali operatori del mercato logistico in termini di digitalizzazione e accesso alle nuove piattaforme di sharing. La vera sfida è portare questi modelli nel mondo della logistica anche a favore di uno sviluppo resiliente del settore». «Il passaggio dall’acquisto di un bene alla fruizione di un servizio costituirà più della metà dei volumi economici complessivi entro il 2025» conclude Marciani. «In questo scenario la condivisione di piattaforme logistiche, di magazzini di prossimità in città e della capacità dei veicoli sono driver molto interessanti, già presenti oggi nel settore, che debbono essere analizzati e studiati nel dettaglio per fornire alle aziende e ai decision maker gli elementi necessari per uno sviluppo mirato che riporti l’uomo centrale ne modello di sviluppo».
Quali sono questi principi? Innanzitutto, nelle economie circolari, i rifiuti di qualcuno diventano risorse per qualcun altro, diversamente che nelle economie lineari, nelle quali una volta terminato il consumo, finisce anche il ciclo del prodotto che quindi diventa rifiuto e va smaltito. Innanzitutto quindi la materia scartata diventa fonte di altra materia prima; il rifiuto si reintroduce nel ciclo produttivo, e le parole d'ordine diventano riciclo, riuso, rigenerazione.
Inoltre, si deve limitare lo spreco di prodotto, durante il suo ciclo di vita, aumentandone l’uso intelligente. A questo principio afferiscono i modelli di condivisione degli oggetti, che mettono l’accento sull’utilizzo dell’oggetto, rispetto al possesso (l’esempio più evidente è il car sharing). Infine, è necessario frenare la morte prematura dei prodotti nuovi, evitando di dismettere materia ancora sana: per intendersi qualcosa che è all'opposto dell'obsolescenza programmata.
In sintesi, l’economia circolare si basa sulla rivalorizzazione e su un modello in cui la competizione è basata sulla creazione del valore aggiunto dato dal servizio di un prodotto, e non solamente sul valore della sua vendita.
È evidente che per rispettare questi principi non è sufficiente intervenire alla fine della catena, quando i prodotti sono già diventati scarto, bensì è necessario intervenire fin dall’inizio, in sede di progettazione e produzione. Per questo, lo sviluppo dell'economia circolare comporterà una grande trasformazione industriale, in quanto i prodotti andranno concepiti e prodotti in vista di questo utilizzo successivo. L’economia circolare rappresenta oggi un importante volano di sviluppo economico, in grado di attrarre investimenti. Una prospettiva che oggi è già realtà, anche in Italia, come dimostrano diverse ricerche sul tema, fra cui quella di Ambiente Italia relativa al nostro Paese: secondo questo documento, oggi l’economia circolare genera in Italia 88 miliardi di fatturato, 22 miliardi di valore aggiunto (pari all’1,5% del valore aggiunto nazionale) e impiega oltre 575mila persone. Altro dato significativo è quello che emerge dal recente forum sulla sostenibilità organizzato da Il Sole 24 Ore: nel nostro Paese il 55% degli imballaggi viene riciclato, mentre a livello complessivo siamo al 50% di riciclo dei materiali. Il recupero dei rifiuti da imballo ha consentito un risparmio di 40 milioni di tonnellate di materia prima.
Si tratta di risultati di tutto rispetto e il tema merita attenzione anche da parte del mondo della logistica, la cui funzione è parte integrante del mondo economico-produttivo. Ma come si colloca il nostro settore nei confronti di un processo così importante per il futuro stesso del nostro pianeta (il riciclo comporta una riduzione di consumi energetici e idrici, nonché di emissioni atmosferiche e idriche) e dalle interessantissime ricadute economiche e sociali? Sono in molti a considerare l’economia circolare un potente driver di sviluppo economico nei prossimi decenni. La domanda di fondo espressa dall’incontro milanese era infatti: Come pensa di posizionarsi al riguardo la logistica? «La logistica deve raccogliere la sfida della sharing e circular economy: lo chiede il cliente finale sempre più connesso e abituato alla condivisione, lo chiede l’intero sistema che trova nella condivisione degli spazi e dei carichi una nuova strada di sviluppo e ottimizzazione delle risorse» risponde così Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council, riassumendo la sfida che attende oggi il mondo della logistica. «La condivisione intelligente di spazi (magazzini, piazzole di carico/scarico, banchine, terminali), di veicoli e carichi (piattaforme digitali di incontro della domanda e offerta, borsino noli) può avere sul nostro sistema logistico un effetto disruptive in grado di ottimizzare i flussi a fronte di investimenti sulla digitalizzazione della supply chain. Un cambiamento che non può essere più rimandato: già ci troviamo difronte a modelli collaudati, affermati dalla circular economy. I clienti, quelli finali, sono molto più avanti dei principali operatori del mercato logistico in termini di digitalizzazione e accesso alle nuove piattaforme di sharing. La vera sfida è portare questi modelli nel mondo della logistica anche a favore di uno sviluppo resiliente del settore». «Il passaggio dall’acquisto di un bene alla fruizione di un servizio costituirà più della metà dei volumi economici complessivi entro il 2025» conclude Marciani. «In questo scenario la condivisione di piattaforme logistiche, di magazzini di prossimità in città e della capacità dei veicoli sono driver molto interessanti, già presenti oggi nel settore, che debbono essere analizzati e studiati nel dettaglio per fornire alle aziende e ai decision maker gli elementi necessari per uno sviluppo mirato che riporti l’uomo centrale ne modello di sviluppo».